“La mafia si è insediata al nord, ha conquistato centri nevralgici, ha stabilito alleanze con le istituzioni locali, controlla appalti, smista milioni di euro, è penetrata nei settori del credito, della edilizia, del turismo…“. Sono le parole di Don Ciotti, appassionato ed infaticabile animatore di Libera?
O è l’ultima denuncia di Nando Dalla Chiesa, da sempre impegnato a denunciare connivenze ed omertà e, per questo, considerato “antico e fissato?” Neanche per idea, queste parole sono risuonate in quasi tutte le relazioni dei magistrati chiamati ad inaugurare l’anno giudiziario 2015. Quella che sembrava una provocazione, ora è diventata una realtà acclarata anche sul piano giudiziario. La mafia, e non da oggi, è penetrata al Nord, ha trovato terra fertile anche in terra “padana”, dove ha trovato alleati che non portano la coppola e parlano dialetti lombardi, veneti, piemontesi, liguri… Quello che oggi è incontrovertibile, è stato negato, sino a qualche mese fa, per esempio, dalle “camicie verdi-azzurre” dei leghisti allora alleati con l’ex cavaliere.
Sarà bene non dimenticare, alla vigilia delle elezioni per il Quirinale, quale accoglienza fu riservata a Roberto Saviano quando, insieme a Fabio Fazio, nel programma “Vieni via con me“, osò denunciare la penetrazione delle mafie al Nord. Immediata fu la richiesta di censura, di provvedimenti disciplinari, fu persino sollecitata ed ottenuta una “puntata di riparazione”, trasmessa da Rai2, per riparare al danno di immagine e alla presunta dignità delle operose genti “celtiche”.
Furono programmate decine di ore di rettifiche per replicare a pochi minuti di trasmissione. In quelle stesse ore l’ex cavaliere, quello che ospitava il mafioso Mangano, espresse la sua rabbia contro quelli che parlano e scrivono sempre di mafia “danneggiando l’immagine della Italia”; secondo il teorema, caro ai Salvo Lima, per il quale l’Italia non è colpita al cuore dai mafiosi, ma da chi ne parla e li combatte.
Quella pagina vergognosa non è stata ancora sanata. Forse quella puntata di “Vieni via con me” andrebbe ritrasmessa, gli accusatori di allora, dentro e fuori la Rai, dovrebbero chiedere scusa, non solo e non tanto ai Fazio e ai Saviano, quanto a chi, invece, al Sud come al Nord, ha perso la vita per contrastare i mafiosi e i loro protettori, compresi quelli nati in “Padania”.