Il volere dell’imprenditore diventa in sé causa per licenziare. Purtroppo è questo il senso profondo dei primi decreti attuativi del Jobs Act.
Il risultato è che la causa di licenziamento non deve più essere “giusta”, cioè tale da avere un’evidenza oggettiva superiore al valore soggettivo della tutela del lavoro. Così il lavoro non ha più implicazioni sociali di dignità, ma viene derubricato a semplice funzionalità produttiva.
Siamo alla de-costituzionalizzazione del lavoro.
Il lavoro è stato la massima espressione della dignità della partecipazione e per questo costituiva le fondamenta della Repubblica. Con il Jobs Act non è più così. Un lavoratore vale come un tornio e chi se ne vuole disfare dovrà pagare un indennizzo privato, ma senza rendere conto alla comunità della lesione di un valore non più costitutivo.
Il neoassunto che insiste con il capo sulla pericolosità di una situazione per la disapplicazione di norme sulla sicurezza verrà cacciato per motivi economici.La giovane segretaria che non vorrà cedere alle avance del capo, sarà licenziata per motivi economici. Non c’è problema, tutto si risolve pagando un semplice indennizzo, in gran parte compensato con i benefici all’assunzione.
Ma se il lavoro viene de-valorizzato, chi prenderà il suo posto?
Il profitto, cioè il merito senza responsabilità sociale.
E allora prepariamoci a vivere in una Repubblica fondata sul profitto.
O reagiamo.
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