Arresti respinti ma in carcere restano altri giornalisti. Martedì alle 19 tutti sotto l’ambasciata turca a Roma. Petizione su Change.org

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Il tribunale di Istanbul ha respinto l’istanza di arresto a carico del caporedattore del quotidiano turco Zaman, Ekrem Dumanli e di altri 8 indagati, considerati oppositori del presidente turco Recep Tayyip Erdogan e fermati nel corso di una retata, domenica 14 dicembre, contro i media vicini alla confraternita del potente predicatore musulmano Fethullah Gulen, il nemico numero 1 di Erdogan.“Tutto il mondo ha notato come in Turchia abbiamo assistito a una pièce teatrale – ha detto il giornalista davanti a una folla di sostenitori – per nascondere i propri peccati, la vergogna e la corruzione volevano creare diversivi sensazionali prendendo di mira il nostro giornale e altri gruppi editoriali. È una vergogna, hanno minacciato la stampa libera davanti agli occhi di tutto il mondo”.
Ma la pressione sui media in Turchia resta forte. Una stretta legislativa che ha portato anche a misure che hanno tentato di rendere illegale twitter. Così Freedom House, la fondazione creata da Eleanore Roosevelt nel 1941, nell’ultimo rapporto definisce la Turchia parzialmente libera rispetto a internet e non libera rispetto ai media.

Per questo Articolo21 Liberi di, l’ Ordine dei Giornalisti, la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, l’UsigRai, la Tavola della Pace, il Comitato 3 Ottobre, Stampa Romana, e Libera Informazione hanno confermato il presidio e la fiaccolata di fronte all’Ambasciata di Turchia in Via Palestro. L’appuntamento è per il 23 dicembre alle ore 19.00.

Secondo gli inquirenti gli imputati sarebbero membri di “un’organizzazione terroristica armata” e avrebbero preso parte a un complotto ai danni dell’imam Mehmet Dogan, un personaggio inviso alla confraternita per le sue critiche a Gulen. Un’operazione riuscita, per i Pm. Nel 2010 il religioso, infatti, accusato di far parte di al-Qaeda, è rimasto in carcere per 17 mesi. Durante l’udienza Ekrem, tuttavia, si è detto estraneo ai fatti e ha escluso inoltre di aver ricevuto indicazioni da Gulen sulla linea editoriale del suo quotidiano.

Per l’opposizione e le organizzazioni dei giornalisti turchi, infatti, l’operazione del 14 dicembre rappresenta un attacco alla libertà di stampa. Un timore condiviso anche da associazioni internazionali come Human rights watch, il Comitato per la protezione dei giornalisti (Cpj) o Freedom House, oltre che dall’Unione europea.

Gli altri 14 indagati fermati nel fine settimana erano stati liberati negli scorsi giorni. La retata delle truppe governative contro i giornalisti aveva causato una dura protesta da parte dei cittadini che si oppongono al potere di Erdogan, scesi in piazza per chiedere il rispetto della libertà di stampa e la liberazione dei fermati. Nelle carceri turche vi sono ancora decine di giornalisti e altri sono in attesa di processo.

Intanto Fetullah Gulen, il filosofo islamico avversario del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, finisce ufficialmente sul banco degli imputati, anche se per il momento solo nelle speranze delle autorità di Ankara. Il tribunale di Istanbul infatti ha emesso un mandato di cattura internazionale per l’ex finanziatore dell’Akp, il partito di governo al potere in Turchia fondato proprio da Erdogan. Gulen è considerato il capo della corrente della destra islamica turca contrapposta a quella del Capo dello Stato. Nell’ordinanza del tribunale è stato confermato l’arresto per il direttore della Tv Samanyolu, Hidayet Karaca e per tre poliziotti.

Firma la petizione su Change.org

 


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