La XVII Indagine Gli Italiani e lo Stato pubblicata da Repubblica evidenzia l’ulteriore drammatica diminuzione della fiducia degli italiani verso le istituzioni e tutti i corpi intermedi. Questo ritiro della fiducia somiglia in modo preoccupante al ritiro del mare prima di uno tsunami. E’ preoccupante vedere lo Stato giudicato sempre più come un’opprimente sovrastruttura e non come estensione dei cittadini, perché questo dato conferma che il deficit di identità nazionale e di coesione invece di risolversi, rischia di cronicizzarsi. Proprio ora che avremmo bisogno di “stringerci a coorte” per uscire dalla crisi.
E la partecipazione? Nella stessa indagine, i partiti immaginati dai costituenti come strumenti per filtrare la passione popolare in energia politica, sprofondano al livello più basso di considerazione. Ormai ruberie ricorrenti e privilegi persistenti sono percepiti come barriere architettoniche alla partecipazione disinteressata.
Non solo. C’è disorientamento nel vedere il maggiore (non l’unico) responsabile di questo degrado – Berlusconi – non isolato come meriterebbe un traditore della pubblica fiducia per essersi avvantaggiato della sua posizione dominante (leggi ad personam e frode fiscale); ma trattato invece con i riguardi di un alleato ed invitato persino al Quirinale.
Quanto reggerà questa situazione?
Lo tsunami della crescita delle destre già bolle all’orizzonte. Mentre i grillini fanno il tiro a segno sull’euro, la stagione dei licenziamenti a tappeto del Jobs Act sta per abbattersi su una nazione già stremata e senza risorse per i sussidi di disoccupazione.
Siamo ancora in tempo per fermare il declino. Ma chi ha voce, fegato e pensiero, parli.
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