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Chiude un giornale, perde la democrazia. Il Quotidiano del Friuli Venezia Giulia

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Udine e il Friuli Venezia Giulia perdono un quotidiano, una voce fuori dal coro all’interno di un sistema informativo ormai retto dal (quasi) monopolio di un solo gruppo editoriale. Il Quotidiano del Friuli Venezia Giulia non è più in edicola, dopo una vicenda dai contorni ancora poco chiari. L’Assostampa Fvg, dopo la chiusura della redazione e dell’edizione udinese del Gazzettino di Venezia, oggetto di uno stato di crisi, e mentre si annunciano altri tagli di organico e di pagine in altri giornali, denuncia una situazione ormai sempre più difficile per l’informazione regionale.

Del Quotidiano del Friuli Venezia Giulia era stata annunciata dall’editore la chiusura con l’ultimo numero che doveva essere in distribuzione e on line ieri. Invece, non è stato stampato e distribuito, in un primo tempo per un misterioso e presunto guasto alla rotativa, poi si è appreso perché l’editore ha ritenuto diffamatorio l’editoriale del direttore. Inoltre, è stato oscurato il sito del giornale e sono stati resi inaccessibili Facebook e Twitter. Chiusa fisicamente la redazione. L’Assostampa Fvg, da sempre impegnata nella difesa del lavoro, del pluralismo e della libertà di informazione e delle testate giornalistiche in regione, sarà al fianco dei colleghi de Il Quotidiano del Friuli Venezia Giulia in ogni sede e denuncia relazioni sindacali con gli editori sempre più deteriorate,  Ma ecco il “diffamatorio” editoriale del direttore Fabio Folisi.

Chiude un giornale, perde la democrazia

Cari lettori, care lettrici,

quello che mi appresto a scrivere non è un commiato, è un coccodrillo, che nel gergo giornalistico non è altro che un necrologio scritto in anticipo per averlo immediatamente pronto non appena giunta la notizia della morte. Mai come in questo caso infatti la morte era stata annunciata, diciamo pure pilotata. Certo la crisi economica ha fatto la sua parte, ma il progressivo disimpegno nella logica del mero taglio dei costi e la mancanza di un reale impegno nell’acquisizione pubblicitaria del giornale hanno fatto il resto.

Ma recriminare serve a poco e non saremo noi, sempre che qualcuno non metta in giro voci false o pensi di aggirare ogni regola contrattuale o compiere passi aggressivi, magari ridando vita alla testata in maniera surrettizia e precarizzante, ma su queste partite abbiamo avuto in verità garanzie dalla proprietà e non abbiamo dubbi che la parola sarà rispettata. Rimane invece il rammarico di vedere che il progetto, condiviso per anni con l’editore, quello di dare voce all’informazione indipendente si è arenato, è stato strangolato vigliaccamente da mani femminili che avrebbero dovuto invece promuoverlo per conto della proprietà, proprio quando, per unanime riconoscimento, l’obiettivo era stato centrato e questo giornale era diventato una realtà consolidata, autorevole ed apprezzata anche da chi ne subiva le critiche ma ne ammetteva la correttezza. Ma questo non è bastato a tenerlo in vita. Così da domani, dopo l’annunciata chiusura della redazione di Udine del Gazzettino ridotta ad ufficio di corrispondenza e l’annuncio di ulteriori esuberi anche nel gruppo Espresso (Il Piccolo), arriva la chiusura del nostro Quotidiano che, in verità “agonizzerà” ancora qualche giorno solo sul web. Insomma si impoverisce in maniera ulteriore il panorama dell’informazione del Fvg e della città di Udine in particolare. Tutto questo rende evidente che il settore dell’informazione, fondamentale per la tenuta democratica è ormai totalmente allo sbando perché lasciato nelle mani di “editori” che sembrano non avere alcuna idea del loro ruolo e delle regole di base delle relazioni sindacali di cui auspicano, fra l’altro, così come avviene in altri settori, la marginalizzazione e magari l’estinzione delle tutele. Inutile dire che servirebbero linee certe per il riordino del settore, con alcune scelte di indirizzo anche da parte del “pubblico” delineando ad esempio criteri per l’assegnazione della pubblicità istituzionale o di sostegno alle nuove iniziative editoriali. Si tratterebbe di interventi molto poco onerosi per le casse pubbliche da subordinare magari al fatto che le società editrici applichino il contratto nazionale di lavoro o che si creino tipologie come quelle cooperativistiche e associative nella gestione di testate. Il problema grave a livello generale è che il mondo dell’informazione sta attraversando una autentica rivoluzione industriale in un momento di recessione economica. Questa è la combinazione peggiore che si possa immaginare con il rischio altissimo per la stessa tenuta democratica del Paese e la creazione di monopoli, perché solo i grandi gruppi editoriali riusciranno a governare questa transizione. Col risultato di uccidere definitivamente il pluralismo. Non intervenire in tempi strettissimi significa – al di là delle intenzioni dichiarate – accettare nei fatti che i cittadini del Fvg non abbiamo un’informazione orientata. Significa, cioè, essere compartecipi della lesione di un diritto costituzionale. Non c’è tempo da perdere. La giunta regionale batta un colpo. Siamo consapevoli che i problemi del Paese sono enormi, ma questo problema – il problema della libertà di manifestazione del pensiero e della libertà di stampa – è uno di essi. Deve essere messo subito in agenda. Tra le priorità. Sennò appare chiaro che quando nei partiti ci si riempie la bocca della parole democrazia, libertà, pluralismo e trasparenza, si intende solo una cosa, la creazione di un sistema “amico” facilmente regolabile che non disturbi mai il manovratore. Se poi a questa inettitudine istituzionale sommiamo la scarsa lungimiranza del mondo economico, la pretesa di possedere tv o giornali solo come strumento di potere da dismettere quando diventano poco utili a certe finalità, il cerchio si chiude. Ed allora come già amaramente constatammo riferendoci al Gazzettino, ma sapendo in cuor nostro di essere i prossimi della lista, che il rischio era che di giornali ne “rimanesse solo uno”. Un allarme che oggi diventa realtà e non ci consola il fatto che quello che rimane sia un giornale fatto da colleghi di alto livello professionale e che magari sia arrivata una direzione finalmente “friulana” dopo tanti anni di “occupazione” foresta della stanza del timone. Perché nulla e nessuno per quanto bravo e onesto sia, può essere sostitutivo del pluralismo. Però perdere le battaglie non vuol dire perdere la guerra, per noi la decisione è quella di reagire, provarci. Si mettono in gioco le proprie vite , le proprie capacità, non per “difendere” un posto di lavoro che diamo ormai per perso, ma magari per crearlo tutto nuovo. Per questo facciamo appello alla comunità democratica, ai lettori, alle istituzioni e soprattutto a quelli che abbiamo criticato e che si spera abbiamo comunque apprezzato l’onestà intellettuale che ci ha contraddistinto, di sostenerci. Tenete dritte le antenne perché presto quella che fu la redazione de IlQuotidiano Fvg risorgerà, quasi nella sua interezza, dalle proprie ceneri, o almeno ci proverà, perché nasca una testata giornalistica nuova dal basso. Potremmo non farcela, ma non provarci sarebbe come lasciare incompiute le nostre vite professionali. Se dovessimo perdere questa scommessa, faremo altro, magari lasceremo la terra che amiamo, ma soprattutto l’avranno vinta coloro che pensano che quanto sta avvenendo sia “giusta selezione del mercato” meglio se biecamente funzionale ai propri interessi, convinto magari che basterà farsene “amico” uno e sarà sufficiente per proteggersi o nel caso dei politici per veicolare le proprie idee, ma rigorosamente senza un contraddittorio. Insomma potremmo essere anche in Friuli alla vigilia di un neo oscurantismo, di una involuzione democratica contro la quale servirà resistere con ogni mezzo. Un modo potrebbe essere quello di sostenerci. Buone feste a tutti, anche se per noi e le nostre famiglie non saranno dei bei giorni. (Fabio Folisi)


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