BASTA VIOLENZA SULLE DONNE - 25 NOVEMBRE TUTTI I GIORNI

Mafia capitale, il business dei campi rom: “terreno fertile” per la criminalità

0 0

Le conclusioni del Gip sul campo di Castel Romano al centro dell’inchiesta della procura che ha scoperto una vera e propria “cupola” romana. L’associazione 21 luglio: “Inchiesta è prova provata che quello che diciamo da tempo è vero. Ora ci sia una svolta”

ROMA – I “campi nomadi”, e nello specifico quello di Castel Romano, come “terreno fertile” per la criminalità romana “dove si intrecciano e si combinano illecite intese con la pubblica amministrazione, reati sul versante economico e tributario, violazioni costanti della legalità prevista dal codice degli appalti”. È quanto riporta l’ordinanza del Giudice delle indagini preliminari, Flavia Costantini, che ha portato all’arresto di 37 persone e a un centinaio di indagati nell’inchiesta “Mondo di mezzo” su quella che i magistrati hanno chiamato la “Mafia capitale” che da ieri, 2 dicembre, sta portando allo scoperto una sorta di cupola romana infiltrata in vari settori della pubblica amministrazione che faceva soldi sfruttando il sistema di accoglienza di immigrati e rom. È così che, dopo tante denunce da parte delle associazioni, vengono alla luce gli illeciti fino ad oggi soltanto ipotizzati attorno alla gestione dei campi rom, ma che facevano già gridare allo scandalo per il volume d’affari generato.

I primi a denunciare l’enorme flusso di denaro circolante attorno al sistema di accoglienza dei rom sono stati gli attivisti dell’associazione 21 luglio. In un dossier presentato proprio nelle stanze del Comune di Roma, dal titolo “Campi nomadi S.p.a” a metà giugno di quest’anno, l’associazione aveva stimato un costo di circa 24 milioni per il solo 2013 per tutti i campi e centri di accoglienza presenti nella capitale, di cui solo lo 0,4 per cento dei fondi destinati all’inclusione sociale. Nel rapporto, inoltre, venivano denunciate le modalità di affidamento dei servizi all’interno dei campi, quasi tutte senza un regolare bando, ma per affidamento diretto. “Questa è la prova provata che quello che diciamo da tempo è vero – spiega Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 luglio -. Noi abbiamo sempre parlato di illegalità istituzionale”. Per Stasolla, le indagini della magistratura fanno quadrare i conti. “Quel che sta accadendo non ci stupisce più di tanto – aggiunge -. Le nostre ricerche denunciavano già il modo in cui sono stati gestiti tutti gli appalti, ad esclusione della scolarizzazione, e le discrepanze rispetto al servizio offerto, la mancanza di monitoraggio da parte dell’amministrazione che doveva vigilare, la mancanza di una verifica dei risultati ottenuti e poi una concessione data con affidamento diretto ai soliti noti”.

Sono tanti i riferimenti alla gestione dei campi all’interno dell’ordinanza del Gip. Tutti legati alla passata amministrazione e tutti riguardanti un solo campo, quello di Castel Romano, situato al di fuori del Grande raccordo anulare a una trentina di chilometri dal centro di Roma. Un campo nato nel settembre del 2005, ma ampliato tra il 2010 e il 2012 e che alla data del report della 21 luglio ospitata circa mille persone. Oltre 5 milioni di euro, i costi per la gestione, destinati per il 70 per cento (oltre 3,7 milioni solo nel 2013) alla gestione, altri 900 mila euro circa per la sicurezza e 654 mila euro per la scolarizzazione. Uno zero tondo e preciso, per la 21 luglio, invece è quanto investito nel 2013 per l’inclusione sociale. Ma se si va a vedere l’affidamenti dei servizi si scopre che al 93,5 per cento sono stati affidati in modo diretto e senza bando: circa 5 milioni di euro.

Il campo di Castel Romano è al centro dell’inchiesta perché coinvolge direttamente due dei principali indagati dalla procura di Roma: Massimo Carminati, ex Nar e per il Gip “capo e organizzatore” della cupola romana, e Salvatore Buzzi, “amministratore delle cooperative riconducibili al gruppo Eriches-29 Giugno”. Secondo l’ordinanza, infatti, “il sodalizio diretto da Massimo Carminati aveva acquisito un appalto per l’ampliamento e la gestione del Campo Nomadi di Castel Romano attraverso la cooperativa ATI 29 Giugno presieduta da Buzzi Salvatore”.

Ma per il Gip, intorno al campo di Castel Romano ci sarebbero anche “condotte di riciclaggio”. Secondo quanto si legge nell’ordinanza, infatti, la cupola avrebbe investito almeno 500 mila euro in cash in lavori realizzati nel campo. Secondo il Gip, infatti, “l’esecuzione dei lavori presso il campo nomadi di Castel Romano è stata una delle situazioni in cui è stato possibile verificare la genesi dei flussi finanziari illegali riconducibili all’attività dell’associazione, la loro veicolazione nelle casse della Eriches, l’esecuzione di operazioni intese a impedire l’individuazione dell’illecita provenienza, la destinazione dei flussi al destinatario finale, Massimo Carminati. La circostanza che l’esecuzione dei lavori al Campo Nomadi di Castel Romano sia stata una delle attività che ha visto un impegno dell’associazione, a livello dei suoi membri apicali, quali Buzzi e Carminati, è un fatto certo”. Non mancano, poi, gli intrecci con altri gruppi criminali operanti sul territorio romano. “Non meno rilevante appare la capacità di interlocuzione espressa dal sodalizio nei confronti del gruppo Casamonica – spiega il Gip -, noto clan familiare attivo nel quadrante sud-est della città e dedito a una vasta gamma di attività delittuose nei settori del narcotraffico, dell’usura, del riciclaggio e altro. L’organizzazione facente capo al Carminati si avvaleva del supporto fornito dal clan presente in quel contesto, in modo da tenere sotto controllo le problematiche che sarebbero potute sorgere nel rapporto con i nomadi”.

Per l’associazione 21 luglio è ora che intervenga il Sindaco di Roma e inverta la rotta mantenuta fino ad oggi. “La nostra richiesta è di fare piena legalità e di rimuovere tutti i profili di illegalità che stanno alla base della gestione dei centri di raccolta e dei campi nomadi – spiega Carlo Stasolla -. Si è smascherato qualcosa di preoccupante e speriamo che possa segnare una svolta. Basta con una gestione che mantiene questi sistemi di illegalità che oggi hanno un nome e domani rischiano di averne un altro e iniziamo a spendere i soldi in maniera utile e intelligente, cioè chiudendo questi posti”. Per Stasolla, una via d’uscita c’è ed è l’istituzione di un “ufficio di scopo” che abbia come obiettivo quello di chiudere i campi. “Le risorse ci sono – conclude Stasolla -, cioè quelle attualmente impiegate, ora manca la volontà. Dopo tutto questo, sarebbe assurdo reiterare la stessa politica, cambiando nomi e appaltatori”.(ga)

Da redattoresociale.it


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21