Pochi possono dubitare del fatto che Loretta Napoleoni sia tra i migliori economisti italiani. Il commento che ha pubblicato stamane, lunedì dell’ Immacolata 2014, ci riporta alle tristezze e alle miserie del Bel Paese in cui abbiamo la fortuna(per così dire) di passare i nostri anni. “Negli Stati Uniti -ha ricordato la nostra collega che si trovava lì nei giorni scorsi- non c’è stato nessuna sorpresa per l’ennesimo scandalo che ha colpito l’Italia tanto da spingere i suoi amici giornalisti a paragonarla al Venezuela, un paese noto per la sua dilagante corruzione. Una nazione, ad esser buoni, in grave declino che se si facessero i conti realistici che qui nessuno ha voglia di fare, scopriremmo che più del 50 per cento del debito pubblico dipende dalle tangenti che hanno ingrassato i ceti che governano direttamente o collaborano con chi governa.
La favola dell’evasione fiscale che, se si recuperasse, potrebbe bonificare le nostre finanze è dura da morire ma è fin troppo chiaro che è il ladrocinio del denaro pubblico quello che ha fatto crescere alle cifre attuali il nostro debito pubblico. Questa settimana, per giunta, al peggio non c’è mai fine, un’agenzia di rating come Standard & Poor ha declassato ancora una volta l’Italia perché l’economia non migliora di un grammo e, in compenso, il nostro debito continua a salire. Uno scrittore islandese che ha visitato il nostro paese-racconta ancora la Napoleoni-mi ha chiesto: “perché gli italiani non si ribellano? Non gli interessa la salute del paese? La risposta dell’economista non è diversa da quella che dò anch’io quando in giro per l’Europa me lo chiedono.” “Noi italiani – ha risposto la Napoleoni-siamo maestri nell’arte di arrangiarsi, il mitico Totò ce lo spiegò con magistrale semplicità. Fin quando saremo in grado di sopravvivere arrangiandoci in Italia non ci sarà un movimento rivoluzionario simile a quello della primavera araba né un partito come lo spagnolo anti populista come Podemos (ne ho parlato qualche giorno fa in un articolo) e tanto meno un terremoto politico come è avvenuto qualche anno fa in Islanda”.
Secondo il Financial Times-ed è una ciliegia sulla torta indigesta che dobbiamo mangiare – “nessun’altra nazione negli ultimi 45 anni mostra una parabola discendente come la nostra. Il reddito reale è oggi più basso di quindici anni fa… In Italia come in Venezuela o in Messico non si fanno affari senza pagare mazzette. ” Che cosa dire ancora di fronte al caso romano appena balzato all’onore delle cronache? Basta ricordare che all’indomani del ’92-’93 Luciano Barca e Sandro Trento pubblicarono un saggio sull’economia della corruzione e parlarono a ragione di un fenomeno che nel nostro Paese continua a ripetersi e che si può definire come quello dell'”illegalità normalizzata”. Un bella formula non c’è che dire per il Paese primogenito delle mafie contemporanee.