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L’altro ISIS

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Un numero incredibile di khomeinisti, superiore alle 100mila unità, combatte in Siria una battaglia tanto terrorista quanto jihadista. Ma nessuno se ne accorge.
Cominciamo dai numeri, che almeno quelli non possono essere discussi.

Mentre gli occhi di tutto il mondo si concentrano sugli orrori che l’ISIS vuole ferocemente che tutti notino, un fiume di arabi sciiti vanno a combattere in Siria senza che li si noti: 5mila libanesi di Hezbollah, 80mila alawiti della “National defense force”, 20mila sciiti iracheni di varie formazioni.

Tutto questo eccede di gran lunga il numero dei miliziani arruolatisi con l’ISIS. Ma stranamente questo incredibile esercito di jihadisti khomeinisti nessuno lo nota, nessuno lo cita. Le loro barbarie non vengono registrate, anzi, loro sfruttano le ostentate e aberranti barbarie dell’ISIS per spacciarsi addirittura per “stabilizzatori”. Ma non basta: questo jihadismo khomeinista, teso a creare una teocrazia fino al Mediteranneo, impiega pochissimi miliziani (pasdaran) sciiti iraniani: ce ne sono certamente meno di 1000, con appena 60 decessi nel corso del lunghissimo tempo di “impegno” nel teatro siriano.

Il fatto è che un’accortissima politica “jihadista” iraniano-khomeinista ha differenziato tra l’Iran Nazione e l’Iran Ideologia. L’Iran khomeinista così fa combattere la sua battaglia ideologica agli arabi sciiti, convinti da decenni di indottrinamento senza alternative che questa battaglia sia una tappa cruciale nell’avvicinare il ritorno del Mahdi, che passa attraverso due tappe: la conquista dello sbocco al Mediterraneo e la conquista del nucleare iraniano (quest’ultimo dunque è bene che rimanga un obiettivo mitologico per mobilitare la fantasia miliziana e intanto impossessarsi dell’uovo territoriale).

La raffinatezza di questo disegno tanto egemonico quanto ” silenzioso” passa sotto un’incredibile distrazione occidentale, e sembra avere bisogno dela criminale ferocia dell’ISIS e della sua “eclatanza” per poter conquistare terreno, forza, legittimità.

Tutto questo è cominciato, figlio della rivoluzione, ha assunto caratteri aggressivi e complessivi (cioè tesi a conquistare l’egemonia in tutta l’area, nel 2005, quando i miliziani ideologicamente khomenisiti hanno prima assassinato il sunnita Hariri e poi una marea di leader e intellettuali cristiani, a Beirut. Una catena bollente di sangue che nessun ricorda più neanche per sbaglio. Quei crimini indicarono che l’ora dell’Iran Ideologia era scattata e riguardava l’intera aerea, dalla Mesopotamia al Levante. Non a caso di lì a breve Hezbollah ha scatenato la guerra contro Israele del 2006 per cancellare il fratricidio libanese e accreditare una “vittoria divina” molto simile alla “vittoria assadiana” in Siria: la prima vittoria ha comportato la distruzione del sud del Libano, la seconda la distruzione della Siria. Ma su quelle macerie è impossibile il dissenso, c’è una sola milizia è solo una radicale adesione della comunità al partito e al leader, oltre che una massa di manovra per altre azioni “militari”, altrove..

queste guerre, oltre a khomeinizzare le comunità sciite, sono state indispensabili per distruggere e radicalizzare i sunniti, sradicare i cristiani dalle loro terre e costruire così una “khomeinizzazione” di tutta l’area. La cosa incredibile è che nel campo cristiano nessuno lo percepisce.

Così 13 milioni di siriani su 22 milioni in totale, un oceano umano inimmaginabile e quasi tutto di sunniti, vaga disperato tra paesi squassati. Nessuno ne parla. Ma è difficile pensare che siano 13 milioni di “moderati”. Strano?

Combattere la disumanizzazione terrorista incarnata dall’ISIS richiede una ferma denuncia del progetto khomeinista, non il contrario.


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