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La controregistrazione come arma di distruzione di notizie

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Agli amministratori pubblici non basta più rifiutarsi di rispondere ai giornalisti scomodi. La nuova moda è registrare il proprio interlocutore per impedire la pubblicazione dell’inchiesta, e poi, se non abbocca, dileggiarlo sui social network. Ma non è stalking?

Ha fatto rapidamente il giro dei social e del web in generale il post di Emanuele Lanfranchi (nella foto), capoufficio stampa della Regione Lazio, che ha registrato  e poi pubblicato su facebook (dopo aver informato il malcapitato) una telefonata con il giornalista di Report Giorgio Mottola a proposito dell’intervista che quest’ultimo aveva fatto al governatore Nicola Zingaretti e di cui una parte è andata in onda domenica con il titolo “La Zingara”. “Report mi ha deluso“, titola Lanfranchi, che, dopo aver visto solo il trailer del servizio, nella conversazione accusa Mottola di essere stato scorretto, perché ha chiesto l’intervista per parlare dei tagli decisi dall’attuale Giunta e non delle nomine dei dirigenti, e, al giornalista che gli ricorda di aver inserito quelle domande nella mail di richiesta, replica (cito testualmente): “tu l’hai fatto altrimenti io te dicevo de no”.

Molti i siti d’informazione che sono corsi a rilanciare questo scambio di battute. Peccato che nessuno sia stato sfiorato da qualche dubbio sulla congruità di una simile reazione, sia in riferimento alla Carta dei doveri dei giornalisti degli uffici stampa (“Il giornalista che opera negli Uffici Stampa delle amministrazioni pubbliche agisce in conformità a due principi fondamentali contenuti nella legge 150/2000: il diritto dei cittadini di essere informati e il diritto/dovere delle istituzioni pubbliche di informare”, ben altra cosa), sia sull’assiduità con cui i rappresentanti politici di pubbliche amministrazioni rifiutino il contraddittorio (recente l’episodio del sindaco di Bologna che maltratta Emanuele Bellano, sempre di Report, rifiutandosi di rispondere a domande sullo stato della bonifica della sede di Hera al centro della città, dove Merola era doppiamente coinvolto come rappresentante cittadino e come principale azionista della municipalizzata), fino a far registrare di nascosto il malcapitato giornalista che cerca di fare bene il suo mestiere.

E’ successo ora alla Regione Lazio come lo scorso febbraio, quando due persone vicine al sindaco di Verona Flavio Tosi hanno registrato clandestinamente un altro inviato di Report, il coautore del programma Sigfrido Ranucci, per presentare poi una querela preventiva ai suoi danni, anche in questo caso prima ancora che l’inchiesta andasse in onda (querela archiviata lo scorso 8 ottobre, di cui resta però una lunga coda giudiziaria).

A onor del vero, nell’inchiesta di domenica, Zingaretti non si è sottratto e ha risposto a tutto. Il suo staff però, evidentemente ha ritenuto “normale” attivare una sorta di macchina di “salvaguardia” per screditare pubblicamente la correttezza del programma in questione. Ma si è talmente perso il senso della trasparenza della pubblica amministrazione verso i mezzi d’informazione (e in ultima analisi i cittadini), da non rilevare l’incongruenza di quell’”altrimenti non te la davo l’intervista”.

Nessuna norma, è vero, da noi come altrove, obbliga l’esponente politico o il responsabile di una istituzione a rispondere alle domande di un cronista. Ma la legge 150/2000 parla direttamente proprio ai giornalisti impegnati in queste istituzioni, e le stesse pubbliche amministrazioni da tempo devono rispondere al Codice della trasparenza (introdotto nel 2009 e ulteriormente precisato nel D.l. 33/2013, ma anticipato dalla cosiddetta legge Bassanini). E al di là della magistratura, resta comunque il giudizio dei cittadini, che, persa la fiducia in istituzioni e corpi intermedi, sempre più ogni giorno rivolgono le proprie segnalazioni di  (centinaia ogni giorno) proprio a Report e a poche altre redazioni. Forse gli unici e ultimi a ricordarsi che il giornalista, per sua natura, dovrebbe essere il cane da guardia in difesa dei loro diritti, e non del potente di turno.


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