Mi permetto di rubarvi qualche minuto. Non ho mai creduto che esistano leggi elettorali perfette e sono conscio sia della necessità di fare presto che di cercare – come chiede il Presidente della Repubblica – un’intesa la più larga possibile.
Vi chiedo tuttavia di riflettere su una questione che per me è centrale. La dico così. Se, come pare, la Commissione dovesse lavorare a un Italicum senza più soglie di sbarramento e con il premio di maggioranza da consegnare alla lista che superi il 40 per cento dei voti, la sera stessa delle elezioni il candidato premier saprebbe di poter governare per 5 anni, come chiede il Presidente del Consiglio. In più, se si procedesse alla Riforma Costituzionale, nella direzione indicata in prima lettura qui in Senato, quella stessa sera il candidato che ha vinto le elezioni saprebbe di potersi scegliere il Presidente della Repubblica, tanto forte è la disparità numerica tra deputati eletti con il premio, e componenti del Senato scelti con criterio proporzionale. Insomma un uomo politico, grazie al combinato Italicum modificato – Riforma del Senato, otterrebbe una investitura piena, forte quanto quella del premier in Gran Bretagna, più forte di quella di un Cancelliere in Germania, paese dove – lo ricordo- Angela Merkel, pur avendo ottenuto il 42% dei voti, ha dovuto impegnarsi in una lunga trattativa con l’SPD per poter formare il governo attualmente in carica.
Ma il Parlamento, eletto con modalità previste dall’Italicum, avrebbe la stessa legittimazione del Premier? Temo di no. Perché mentre l’investitura del premier avrebbe il peso di un’elezione popolare diretta, i deputati verrebbero scelti con la proporzionale, i capo lista “bloccati” verrebbero selezionati dai capi partito e non dagli elettori, alcuni di questi capo lista verrebbero recuperati grazie al sistema delle candidatire plurime, gli altri deputati, pure votati con la preferenza e magari in circoscrizioni più piccole di quelle del Porcellum, in molti casi strapperebbero il seggio grazie alla redistribuzione nazionale dei resti, un centinaio, infine, degli eletti approderebbe alla Camera in forza del premio di maggioranza, cioè grazie alla forza del premier vincitore. Insomma avremmo un Parlamento che brilla più della luce del Premier che di luce propria. Non è un problema da poco ed è conseguenza nefasta dal lascito dalla vecchia Legge Calderoli, oggi cassata dalla Corte.
Con quella legge, noi abbiamo abbandonato un sistema maggioritario -sia pure corretto-, quello previsto dalla legge Mattarella (il 75% dei parlamentari eletti nei collegi uninominali, il 25% con calcolo proporzionale nel listino di partito), e siamo tornati ad una legge proporzionale su cui però si è voluta operare una torsione maggioritaria tutta a favore deldominus, del demiurgo, dell’uomo capace di mettere insieme la coalizione vincente e destinato, perciò, a governare. È vero,oggi non si parla più di premio alla coalizione ma la disparità tra l’investitura del premier equella dei parlamentari resta, anzi diventa persino più evidente. Secondo me, contraddicendo l’invito della Corte a garantire,sì, “un’adeguata maggioranza parlamentare ”ma non a costo di provocare “una oggettiva e grave alterazione della democrazia rappresentativa”.
*intervento svolto in Commissione Affari Costituzionali del Senato