E’ il ritratto di una società immobile e contraddittoria quello che una delle più agguerrite organizzazioni italiane, il Censis, presieduto da Giuseppe De Rita e diretto da Giuseppe Roma, ha presentato come suo quarantottesimo rapporto al CNEL. “La nostra-ha detto De Rita all’inizio del suo rapporto-è una società stremata da sei anni di crisi che s’aspetta soltanto il peggio. Le famiglie che si barricano dietro un risparmio che cresce malgrado il crollo dei redditi e che non si traduce né in consumi né in investimenti. E’ un denaro di tutela per il futuro. Un capitale umano che vorrebbe essere energia lavorativa ma che rimane immobile.
E’- secondo il presidente del CENSIS- l’Italia dei net work, dei televisori e dei computer, utilizzati dal 49 per cento della popolazione e dall’80 per cento dei giovani che hanno meno di trent’anni. Ma sono anche la solitudine e la diffidenza che contrassegnano questo momento nella società italiana: soltanto il 20,4 per cento degli italiani pensa che la maggior parte degli interlocutori sia degna di fiducia e, invece, il 79,6 per cento è convinto che sia necessario stare molto attenti e addirittura il 60 per cento degli italiani ritiene che “a chiunque possa capitare di finire in povertà”. ”
Questo-sostiene De Rita dall’alto di una lunga e qualificata esperienza in materia-è il paese del capitale in-agito non soltanto per le famiglie ma anche per le imprese che nel 2013 hanno raggiunto il livello più basso degli investimenti dall’inizio del ventunesimo secolo. Il presidente del CENSIS ha creduto necessario far un appello alla politica perché orienti la nostra società.
Una società-ha detto ancora lo studioso-che è caratterizzata da un fenomeno preoccupante: due o tre anni fa alla domanda come va si rispondeva: va malissimo, adesso abbiamo preso atto che la ripresa non c’è, non c’è neanche la ripresina, quindi reggiamo. Si è liquefatto il sistema: stiamo diventando non una società liquida o molecolare ma una società profondamente a-sistemica; che peggiora ogni giorno, il rischio è che l’attuale situazione si trasformi in deflazione delle aspettative, che porta all’attendismo e al cinismo, alla solitudine e allo sfilac ciamento dei legami comunitari.” Sono anche in forte au mento i giovani cosiddetti Neet, cioè che non studiano e non lavorano, passati da 1.946.000 del 2004 ai 2.435.000 del 2013.
I giovani sono ancora la parte maggiori di quelli che lavorano, senza essere inquadrati in un organico di un’ impresa o di un ufficio. In meno di dieci anni sono scomparsi oltre due milioni e seicentomila occupati con una perdita di oltre 142 miliardi di euro che adesso si ripercuote in maniera sul sistema di welfare italiano. Inoltre l’Italia che ha (questo è noto in tutto il mondo) un patrimonio culturale che la pone al primo posto nella graduatoria dei siti dell’Unesco, ha un numero molto bas so di lavoratori impiegati in quel patrimonio: ci lavora no soltanto 304.000 lavoratori, la metà di quelli del Re gno Unito che sono 755mila e della Germania(670mila) ma anche meno della Spagna(409mila).
Così è calato anche molto il numero degli italiani che visitano mostre e musei, visitano siti archeologici o assistono a uno spet tacolo teatrale. In una società così impoverita e ripiegata su se stessa le risposte degli italiani riflettono molto una sorta di cinismo: l’intelligenza raccoglie soltanto il 7 per cento di chi risponde ,il valore più basso di tutta l’Europa. E il lavoro duro conta per il 46 per cento degli intervistati mentre nel Regno Unito si arriva al 74 per cento. Infine con la crisi aumentano le distanze tra le varie zone del paese. Il tasso di occupazione della fascia 25-34 anni, a Napoli si ferma al 34,2% e a Bologna arriva al 79,3%,la quota dei laureati a Catania è all’11% e arriva al 20,9% a Milano.
Il numero degli abbonati che non paga il canone della Rai arriva al 58,9% a Napoli ma è al 26,8% a Roma. Bene vanno le imprese artigiane per fortuna e sono cresciute del 2,9% negli ultimi due anni contro il calo generale di quelle italiane che è stato per la crisi economica del 4 ,5 %. I soli due indici positivi, in un panorama per molti aspetti desolante, sono quelli dei turisti che arrivano nel nostro Paese: ci sono stati nel 2013 186,1 milioni di per sone, la quinta destinazione turistica al mondo 20,7 miliardi di euro spesi con un aumento del 6,8 per cento rispetto al 2012. L’export del Made in Italy è cresciuto del 30,1% e ben duecento milioni di persone nel mondo parlano la nostra lingua.