Di Alessandro Cardulli
Aveva sorpreso la platea dell’Assemblea programmatica del Pd, il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone. Un intervento, quello pronunciato sabato scorso dal magistrato, non formale, non un semplice saluto. Tutto scritto, forse letto e riletto, un “racconto” impietoso della criminalità organizzata a Roma. C’è la mafia, aveva detto, ribaltando tesi che negavano l’esistenza di bande armate connesse con il mondo degli affari. Aveva avvertito che ancor più pericolosi della mafia sono gli interlocutori dei mafiosi, con un intreccio perverso con la cosa pubblica, i professionisti degli affari, i tangentisti. Sapeva bene di cosa parlava, una lunga indagine era arrivata a conclusione. O meglio, si era aperto un capitolo di una vicenda criminale, una porta spalancata su un mondo che sembra uscito da qualche sceneggiato televisivo o da noir come “Romanzo criminale” di Giancarlo De Cataldo, da cui è stato tratto un film di successo. Sono passati due giorni da quell’intervento, inusuale, che aveva suscitato molti commenti, anche molti applausi, molti interrogativi. Qualche giornalista presente all’assemblea aveva avvertito odore di bruciato. Certo, nel dibattito era stata sottolineata la presenza nelle proteste in alcune periferie, a partire da Tor Sapienza, di personaggi non proprio candidi. Tutt’altro, e anche in qualche corteo la destra fascista e criminale si era fatta presente. Il sindaco Marino aveva richiamato l’opera di “ripulitura”, effettuata in alcune aziende pubbliche, con nomi e cognomi che da qualche anno si trovavano nelle cronache nere intrecciate con la politica.
Pignatone, Procuratore capo della Repubblica: la mafia, i rapporti con la politica
Gli arresti effettuati a Ostia, una specie di “clan” per la gestione degli stabilimenti balneari, avrebbero dovuto far capire che nella pentola bolliva qualcosa di più grosso. “Con questa operazione – ha detto il procuratore capo , Giuseppe Pignatone in conferenza stampa – abbiamo risposto alla domanda se la mafia è a Roma”. “Mafia Capitale”, così è intitolata l’inchiesta che non si chiude oggi. “Tra gli indagati infatti – ha proseguito – ci sono anche alcuni esponenti delle forze dell’ordine che hanno agevolato l’organizzazione guidata da Massimo Carminati”. Il lavoro del procuratore capo e dei tre pubblici ministeri, Luca Tescaroli, Paolo Ielo, Giuseppe Cascini, ha coperto un arco di tempo perlomeno di dieci anni. Anni in cui un personaggio come Massimo Carminati, il nero della banda della Magliana, ex terrorista dei Nar, ha fatto il bello e il cattivo tempo, trovando il modo di comprarsi anche una villa a Sacrofano, valore 500 mila euro, ovviamente non intestata a lui. Già Carminati, che si fa anche teorico della organizzazione criminale, espone la teoria del “mondo di mezzo”, che ha dato il nome alla indagine. Racconta il Procuratore della Repubblica: “L’intercettazione per noi più significativa è questa, quando Carminati parlando con il suo braccio destro militare, Riccardo Brugia, gli dice ‘è la teoria del mondo di mezzo, ci sono i vivi sopra e i morti sotto e noi in mezzo. C’è un mondo in cui tutti si incontrano, il mondo di mezzo è quello dove è anche possibile che io mi trovi a cena con un politico…’”. Carminati parla col “mondo di sopra”, quello della politica e col “mondo di sotto”, quello criminale, e si mette al servizio del primo avvalendosi del secondo. La caratteristica principale di questa organizzazione sta nei suoi rapporti con la politica e nel fatto che alterna la corruzione alla violenza, preferendo la prima perché fa meno clamore. Pignatone offre un quadro molto ampio e significativo della criminalità.
Diverse organizzazioni criminali controllano la città
“Nella capitale- afferma- non c’è un’unica organizzazione mafiosa a controllare la città ma ce ne sono diverse. Oggi abbiamo individuato quella che abbiamo chiamato ‘Mafia Capitale’, romana e originale, senza legami con altre organizzazioni meridionali, di cui però usa il metodo mafioso. Alcuni uomini vicini all’ex sindaco Alemanno sono componenti a pieno titolo dell’organizzazione mafiosa e protagonisti di episodi di corruzione. Con la nuova amministrazione il rapporto è cambiato ma Carminati e Buzzi erano tranquilli chiunque vincesse le elezioni”. E il discorso torna sempre a Carminati,il capo, “impartiva le direttive agli altri partecipi, forniva loro schede dedicate per comunicazioni riservate e manteneva i rapporti con gli esponenti delle altre organizzazioni criminali, con pezzi della politica e del mondo istituzionale, finanziario e con appartenenti alle forze dell’ordine e ai servizi segreti”. Tra gli arrestati, dicono i pm “pubblici ufficiali a libro paga che forniscono all’organizzazione uno stabile contributo per l’aggiudicazione degli appalti”. Puntualizza il pm di Roma , Michele Prestipino: “Nel marzo 2013 nel Cda dell’Ama viene nominato con provvedimento del sindaco Alemanno un legale scelto da Carminati stesso. Lo stesso per il direttore generale di Ama e un altro dirigente operativo”. Il pm parla della”incessante attività di lobbying dell’organizzazione criminale individuata per collocare con successo manager asserviti ai loro interessi”. Prestipino richiama a questo proposito la nomina del presidente della Commissione Trasparenza del Comune di Roma e la candidatura a sindaco di Sacrofano (residenza di Massimo Carminati, ndr) di un uomo fidato poi eletto. Giuseppe Pignatone parla anche di un incontro tra un bracciodestro di Massimo Carminati, Salvatore Buzzi (presidente della cooperativa 29 giugno e arrestato oggi) e Antonio Lucarelli ex capo della segretaria di Alemanno. “Buzzi voleva far sbloccare un finanziamento e Lucarelli non lo riceveva – ha detto. Dopo la telefonata di Carminati si precipita sulla scalinata del Campidoglio da Buzzi che gli dice che è tutto a posto, che ha già parlato con Massimo. Buzzi commentando questo incontro afferma ‘c’hanno paura di lui’”. E si torna sempre a Carminati, non solo teorico del “mondo di mezzo” ma anche amatore dell’arte, della pittura in particolare. Riferisce il capo dei carabinieri del Ros, il generale Mario Parente, che durante le perquisizioni sono stati sequestrati una ventina di quadri di valore trovati nell’abitazione di uno degli indagati e di proprietà dello stesso Carminati. Non si faceva mancare proprio niente, non è da tutti possedere opere d’arte di Andy Warhol e Jackson Pollock. Saranno gli esperti a dire se si tratta di quadri veri o di falsi. La prima ipotesi è la più realistica. A casa di un altro indagato sono invece stati trovati 570mila euro in contanti. Veri, ovviamente.
Da jobsnews.it