Il “codice” Napolitano al Csm: “innovazione” , “anticorruzione”, “autonomia e indipendenza”

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Giorgio Napolitano ha salutato il Consiglio superiore della Magistratura con un discorso sobrio ma pieno di significati e apprezzato dai componenti del Plenum. Non ha taciuto sui problemi di più stretta attualità, ha dato indicazioni per il futuro, quasi fosse lui a dover continuare nel faticoso lavoro durato per tanti anni.   

Processo innovatore del sistema giustizia e azione repressiva contro la corruzione: i punti cardinali dell’intervento del Capo dello Stato che ha posto all’attenzione del Consiglio, del governo, del Parlamento , delle forze politiche, come questione primaria, fondamentale, la necessità di un “processo innovatore”, di un “recupero di funzionalità, efficienza e trasparenza”.  Se questo è il problema fondamentale da  affrontare, Napolitano, senza dirlo apertamente, sollecita una sorta di autocritica che coinvolge il mondo della politica e quello dei magistrati.

Critica lo  stato di tensione tra politica e magistrati

“Lo stato di tensione – ha detto Napolitano – e le contrapposizioni che negli anni hanno caratterizzato politica e magistrati non hanno giovato né alla qualità della politica né all’immagine della magistratura”. Da questa considerazione, l’appello del Capo dello Stato rivolto a tutti i protagonisti  affinché prevalga “il senso della misura e della comune responsabilità istituzionale”.  Ciò è  essenziale in un Paese segnato, dice, “dal diffondersi della corruzione e della criminalità organizzata emerse in questi giorni. È fondamentale l’azione repressiva affidata ai pm e alle forze di polizia”. Partendo da queste considerazioni, Napolitano  affronta le questioni più scottanti parlando dei valori fondanti della giustizia, richiama, come già più volte ha fatto in passato, i comportamenti protagonistici assunti da alcuni magistrati, ribadisce il valore dell’autonomia e dell’indipendenza dell’ordine giudiziario, affronta il problema della correnti, richiama il percorso delle riforme avviato dal governo. Entra nel merito delle singole questioni: valori della giustizia che, a volte, “vengono posti in dubbio in presenza di ingiustificate lungaggini o di casi di scarsa professionalità, sia in campo civile che penale”. Individua il problema più grave per la giustizia nella durata del processo che pur con qualche miglioramento, “continua ad essere insoddisfacente, specie nella giustizia civile”.

Comportamenti di dubbia sostenibilità da parte di alcuni magistrati dell’accusa

Il presidente della Repubblica chiede al Csm un miglioramento “dell’efficienza del sistema” anche grazie al completamento “dell’informatizzazione del processo”.  Poi richiama, come più volte ha fatto, la questione  di  “comportamenti impropriamente protagonistici e iniziative di dubbia sostenibilità assunte nel corso degli anni da alcuni magistrati della pubblica accusa”.  Ma, anche alla luce delle polemiche di questi giorni e degli attacchi da parte di esponenti del governo ai magistrati, ribadisce che “l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario sono fondamentali” e si garantiscono solo con “comportamenti appropriati”. Esorta ad  evitare “cedimenti a esposizioni mediatiche o a tentazioni di missioni improprie”. Ciò non significa che i magistrati non hanno diritto di parola, così come pretendono Renzi ed alcuni ministri. Non a caso il capo dello Stato parla di “comportamenti appropriati”, poi ricorda che il Csm deve assicurare “obiettività, misura e imparzialità  senza farsi condizionare nelle sue scelte da logiche di appartenenza correntizia”.

Denuncia interventi disorganici ispirati a situazione contingenti

Le correnti – precisa Napolitano – devono rimanere “ambiente qualificato di crescita e dibattito” e non lavorare per  “la mera difesa di istanze corporative”. Passa poi forse alla parte più delicata del suo intervento affrontando l’argomento governo e riforme. Dice che si avverte un clima “di superamento di logiche di conflitto frontale”, che l’esecutivo ha iniziato a lavorare, in sede parlamentare, sul fronte della giustizia con un percorso che intende proseguire mediante una pluralità di interventi.  Sottolinea che “un efficace e rapido funzionamento del sistema giudiziario è indispensabile per dare quelle certezze e garanzie di cui ha bisogno l’attività imprenditoriale per il recupero di competitività della nostra economia”. Poi una bacchettata. Napolitano avverte  che  le “innovazioni normative” nell’ambito della giustizia e della organizzazione dell’amministrazione giudiziaria “vanno decise con ponderazione, evitando interventi disorganici o ispirati a situazioni contingenti”. Appare evidente il richiamo agli annunciati provvedimenti  in conseguenza di “ Mafia Capitale” sui quali si sono appuntate proprio le critiche dell’Associazione nazionale magistrati.

Frequenti modifiche dei codici spesso improvvisate accentuano la crisi

Napolitano  ammonisce: “Le frequenti modifiche dei codici processuali spesso improvvisate e tecnicamente insoddisfacenti accentuano la crisi della giustizia, poiché il processo ha bisogno di regole certe e stabili”.  Non spetta al  Capo dello Stato, ha concluso, “suggerire o valutare disegni di riforma della giustizia”. Da qui un richiamo essenziale: “la definizione delle riforme è prerogativa del Parlamento nella dialettica tra maggioranza e opposizione, con l’apporto di qualificati apporti esterni a fini di ampia condivisione”.  Del Parlamento, non del governo.  Aggiungiamo noi che il Parlamento deve essere messo in grado di lavorare, di esprimersi, la dialettica, appunto di cui parla il Capo dello Stato. Che non si esprime con voti di fiducia a ripetizione su fantasiosi maxi emendamenti predisposti dal governo come è accaduto in questi giorni.

Da jobsnews.it


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