Il 10 dicembre è la Giornata internazionale dei diritti umani e, quest’anno, anche la data in cui ricorre il trentesimo anniversario della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura. Proprio la tortura è tra i principali esempi dell’ipocrisia degli stati della comunità internazionale quando si tratta di diritti umani: il numero degli stati che, attraverso la Convenzione, si sono impegnati a non praticare, a prevenire e a punire la tortura è grosso modo equivalente al numero di quelli che la utilizzano.
Da un quarto di secolo, il nostro paese è chiamato a colmare un imbarazzante e grave vuoto normativo: l’assenza, nel codice penale, del reato di tortura. In numerose occasioni (alcune delle quali inadeguatamente sanzionate sul piano giudiziario mentre su altre le inchieste e i processi sono ancora in corso), la previsione di tale reato avrebbe fatto la differenza nell’erogazione delle pene e, ancor di più, nella prevenzione di una violazione dei diritti umani così unica come la tortura.
Un altro tema su cui emerge quell’ipocrisia, sommata al disinteresse e al cinismo, della comunità internazionale è quello dei rifugiati. All’aumento delle cause per cui milioni di persone sono costrette a lasciare i loro paesi, corrispondono sempre di più politiche di chiusura e di sicurezza che impediscono a chi ne ha disperato bisogno di raggiungere luoghi sicuri e chiedere asilo. Il caso della Siria è spaventosamente emblematico. Da quel paese, quasi 4 milioni di persone sono state costrette a fuggire, nel 95 per cento dei casi nei paesi confinanti. La popolazione del Libano, per fare un esempio, è cresciuta del 26 per cento, quella della Giordania del 10 per cento.
Mentre in Italia e nel resto d’Europa la fabbrica della paura produce atteggiamenti xenofobi e dichiarazioni politiche irresponsabili, ci scordiamo che quest’anno, in una sola settimana di ottobre, in Turchia sono entrati più siriani di quanti abbiano chiesto asilo nell’Unione europea in tre anni e mezzo di conflitto: 150.000. Complessivamente, la Turchia ospita un numero 10 volte superiore di rifugiati, 1.600.000. Di fronte alla più grave crisi dei diritti umani e umanitaria del nostro tempo, se escludiamo Turchia, Libano, Giordania, Iraq ed Egitto, il resto del mondo ha offerto 63.170 posti (quasi la metà dei quali promessi dalla sola Germania) per reinsediare i rifugiati siriani, ossia l’1,7 per cento del totale della popolazione rifugiata siriana. Il 10 dicembre 1948 le Nazioni Unite approvavano la Dichiarazione universale dei diritti umani. La parola d’ordine, e insieme parola di speranza, del dopoguerra era “Mai più!”
Quel “Mai più!” dev’essere sostituito da altre due parole “Ancora vergogna!”. Suonano più sincere.