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Gian Maria Volonté e la bellezza di andare “contro”

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Vent’anni fa moriva Gian Maria Volonté, in Grecia, sul set di un film di Angelopoulos. Ricordarlo non è un esercizio retorico. E’ l’occasione per fare il punto su quello che è stato uno dei grandissimi interpreti dell’arte “contro”. Mai banale, non omologato, impaziente, suggestionato dai personaggi fino ad immedesimarvisi, capace di rifiutare offerte economicamente allettanti non gradite. Ecco, un esempio di recitazione totale, forse l’epifania del Metodo Stanislavskij. Ad esempio, vedere e rivedere “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto” arricchisce l’idea del Potere e della sua pervasività, come l’Aldo Moro di “Todo Modo” restituisce un’immagine inquietante della Prima Repubblica in crisi. O l’operaio Lulù Massa, o il bandito Cavallero, o Lucky Luciano, o Enrico Mattei, o Bartolomeo Vanzetti, o il pistolero “straniato” dei western all’italiana: volti e immagini dell’eterna riproposizione dell’eroe e dell’antieroe. 57 calchi, in poco più di vent’anni di carriera. Prove di realismo, nella versione migliore del termine, le presenze di Volonté al cinema o al teatro hanno segnato in modo fortissimo la cultura italiana e internazionale. Fuori dai canoni estetici classici, in cui spesso l’attore è solo un buon professionista; vicino invece ai “guru” della scena, come Robert De Niro, Al Pacino, fino a Orson Welles. E poi, l’impegno politico. Né elusa, né nascosta, la militanza a sinistra –nel Pci- fu parte integrante della cifra di un intellettuale completo e rigoroso. Anzi. Proprio il rapporto con l’impegno civile fu un tratto chiave della vita di Volonté e, insieme, l’altra faccia della sua capacità mimetica. I travestimenti attoriali erano retti da un filo inequivoco, perché l’attore è immediatamente un militante culturale. Un’ esperienza forse irripetibile, ma un esempio essenziale per rifare il punto sulla condizione dell’arte contemporanea. Dove sarebbe utile riscoprire la bellezza di andare “contro”. E’ decisivo rilanciare l’attività culturale come perno della cittadinanza democratica, battendoci per una nuova era dell’impegno. Sì, anche con il ritorno della (buona) politica.


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