“I mafiosi stanno in Parlamento, sono a volte ministri, sono banchieri, sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione…”.
Non abbiamo molto da aggiungere a queste parole. Cerchiamo semplicemente di agire conseguentemente ad esse. Senza urlare, senza carriere politiche, cercando semplicemente di costruire alla base – fra le persone comuni, quelle che non urlano e non fanno carriera – un’alternativa a questo stato. Abbiamo infinita pazienza, sappiamo che il tempo è lungo e che tuttavia alle volte bisogna agire come se fosse molto breve.
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La mafia non è più corruzione, non è più un rapporto occasionale: fa parte profondamente dello stato di cose, in basso è una via di sfogo, in alto è un modello per tutti. Per essere veramente mafiosi, se si è importanti, non c’è alcun bisogno di essere formalmente mafiosi: non era fascista padre Gemelli (leggi razziali), né il senatore Agnelli (fabbriche imbavagliate), né la stragrande maggioranza dell’establishment degli Anni Trenta. Non è mafioso Veltroni, non lo è Marchionne, non lo è Renzi o Salvini, non lo è Beppe Grillo. Il loro Paese, il loro establishment, tuttavia è profondamente mafioso.
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“Non si può chiedere a tutti di essere un lupo solitario…”.
Neanche qui abbiamo molto da aggiungere. Chi vuol lottare lotti, sapendo che non è entusiasmo momentaneo e che non ci sono ricompense. Ciascuno, sotto un regime, alla fine è solo con se stesso, non ha altri capi nè altri maestri. O si sente intollerabile ciò che stiamo vivendo, o vi si può adeguare: spiegarlo a parole è difficile, in ambo i casi.
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Così, in questa fine d’annata, abbiamo ben poco da dire. “Che l’anno nuovo – auguriamo agli amici – per te sia bello, utile, e difficoltoso”. Oppure (aggiungiamo in silenzio) che almeno ti sia smemorato, che tu riesca in fretta a dimenticare il più possibile, a vivere “normale”.