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Diffamazione, il nodo della competenza territoriale. Articolo21: “Contro principi costituzionali”

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di Carmine Saviano*

Tempi di rettifica troppo stretti. Sanzioni insostenibili per freelance e precari. La controversia sul diritto all’oblio. Certo, il carcere è stato scongiurato ma il Ddl diffamazione presenta un altro punto problematico. Si tratta della “competenza territoriale” per i giornali online. Nell’attuale formulazione del testo normativo è previsto che il tribunale che deve valutare l’eventuale denuncia sia quello relativo al territorio della “persona offesa”. Una previsione che da più parti viene definita “del tutto impraticabile”. E gli auspici affinchè la formulazione della norma cambi, arrivano da più parti. In prima linea la Fieg, la Federazione Italiana Editori di Giornali, che dopo aver incontrato la Commissione Giustizia della Camera ha rilasciato una nota in cui si chiede la revisione della norma.

Art. 21: “Deroga clamorosa ai principi costituzionali”.
Si tratta di una norma “sostanzialmente vessatoria” dice Giulio Vasaturo, avvocato dell’Associazione Articolo 21. Perchè “la competenza territoriale in ambito penale”, spiega il giurista, “è generalmente ancorata a criteri di natura oggettiva, legati al luogo di consumazione del reato. Nell’impossibilità di individuare con certezza il sito da cui viene diffusa una comunicazione telematica, si dovrebbe ricorrere, come già dispone il codice, alla residenza dell’indagato, al fine di favorire l’esercizio del diritto costituzionale di difesa”. Il ddl in esame, invece, prevede una “clamorosa deroga” a questi principi. “Sulla base di questa improvvida riforma, il giornalista di una testata online sarà costretto a girovagare, suo malgrado, in tutta Italia per respingere anche le più temerarie accuse di diffamazione”. Senza considerare le cause di diffamazione che coinvolgono aziende con sedi all’estero, come sempre più spesso capita.

Una formulazione curiosa. Dello stesso parere l’ex senatore democratico Vincenzo Vita. “E’ veramente una formulazione curiosa. Una negatività che si aggiunge alle tante presenti nel ddl sulla diffamazione: la rettifica in 48 ore darebbe origine alla categoria pseudo-letteraria dei rettificatori, persone che in un giornale sarebbero costretti a lavorare esclusivamente su questo”. Poi l’eccesso delle pene: “come fa un giornalista precario e freelance a dover pagare fino a 50mila euro? Non scherziamo…”. E Vita si dice sostanzialmente d’accordo con la Fieg: “Il foro referente deve essere quello dove è ubicato il sito”.

L’altro parere. Ma non mancano i pareri diversi. Tra gli altri quello di Carlo Blengino, penalista, esperto di diritto in rete. “Sul tema della competenza per le testate telematiche, la norma che individua il Tribunale nel luogo di residenza della Persona Offesa riprende la scelta già in vigore da oltre 20 anni per la diffamazione a mezzo di radio e televisioni, con la L. 223/1990”. Per Blengino si tratta di una scelta “necessitata e aderente al sistema normativo”. Perchè? “Teoricamente, la diffamazione si consuma nel momento e nel luogo in cui la notizia viene letta: la competenza territoriale coincide con il locus commissi delicti”. E la competenza è territorialmente individuata “là dove sono le rotative. Nel 1990, per i telegiornali, il problema era insuperabile: dov’è il secondo telespettatore? Lo stesso vale per internet. Per levare d’impaccio i giudici, il legislatore può fare una scelta e derogare se necessario al principio generale del locus commissi delicti”.

In questo caso si potrebbe scegliere o il luogo di registrazione della testata o il luogo ove risiede il server su cui è ospitato il sito, oppure la residenza della persona offesa. Nel primo caso, continua Blengino, “si rischiano di creare dei tribunali speciali: tutte le testate registrate a Milano saranno giudicate sempre dal Tribunale di Milano, quelle di Torino a Torino, e si costringono le persone diffamate a “migrare” su quel tribunale. La seconda scelta è stupida, perchè i server possono esser in luoghi ove non c’è giurisdizione italiana. La terza è la più equa e la più prossima alla regola generale: la parte offesa ha certamente letto la notizia diffamante e presuntivamente non è l’unico, ergo lì si è (anche) consumato il delitto di lesione dell’onore”.

Le decisioni della politica. La discussione è aperta. E adesso riguarda il Parlamento. “Il problema esiste ed è fondamentale. E io non sono d’accordo che il tribunale di competenza sia quello dove risiede il diffamato o dove si consuma il reato”, dice l’onorevole Francesca Businarolo, M5S, segretario della Commissione Giustizia alla Camera. Questo perchè “la struttura dell’informazione online rende di difficile applicazione queste ipotesi. Sono per dare la competenza al giudice del tribunale dove è registrata la testata”. Ma in realtà quello che servirebbe “è una discussione più ampia che ci permetta di approfondire sul serio il tema dell’informazione online: un tema troppo complesso per poter essere regolato da norme sparse. Così si alimenta solo una giungla selvaggia”.

“Il tema sollevato dalla Fieg è molto serio. Ora c’è da valutare se risolverlo in questo provvedimento o se inserire questa modifica all’interno delle altre leggi sulla Giustizia che il Parlamento sta valutando”. Così Anna Rossomando, Partito Democratico, membro della Commissione Giustizia della Camera. Che considera come “l’obiettivo primario era quello di togliere la pena carceraria per questo tipo di reati: ci siamo riusciti e la legge è in dirittura d’arrivo”. Una legge che tutti vogliono in vigore il prima possibile. Ora ci sarà da osservare se il tema della competenza territoriale sarà o no affrontato e risolto nei prossimi passaggi parlamentari.

Fonte: Repubblica.it


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