La Cassazione chiarisce alcuni criteri per qualificare le attività di pratica giornalistica di chi non risulti iscritto in alcun registro praticanti, ma svolga alcune attività di fatto. Nel caso di specie risultava dubbio se l’interessato fosse stato impiegato come giornalista o come addetto al montaggio, rilevando per la compiuta pratica solo la prima condizione.
“L’attività giornalistica – spiega la Corte – può consistere anche nella realizzazione di immagini che completano o sostituiscono l’informazione scritta, o comunque tali che, in loro mancanza, verrebbe meno il valore informativo del servizio giornalistico”.
La Cassazione evidenzia però che i giudici del merito, hanno accolto la domanda di riconoscimento avanzata dall’interessato, con ragionamento viziato da illogicità e incongruenza. Dagli accertamenti di fatto eseguiti nelle fasi di merito è emerso infatti che l’interessato svolgeva attività di inserimento immagini, alla quale era adibito, eseguita molte volte in maniera indipendente, senza la supervisione di alcun responsabile.
Mentre non è stato provato che tale attività di montaggio di immagini costituisse di per sé informazione; per esserci informazione, dunque “notizia”, è necessario che l’immagine stessa sia veicolo di messaggi, e che senza di essa l’informazione allegata rimanga priva o acquisti significato sostanzialmente differente.
In definitiva, “chi svolga attività giornalistica senza essere inserito nei quadri redazionali, senza carattere di continuità e senza supervisione d’un giornalista non è un praticante di fatto. Se così non fosse, si smarrirebbe la distinzione tra pratica giornalistica di fatto ed altre attività che pratica giornalistica non sono”. Si invita, per maggior completezza di ragionamento, qui esposto in maniera molto succinta, alla lettura integrale della sentenza n. 26909/2014 Cassazione (Corte di Cassazione civile, sezione terza, sentenza n. 26909 del 19 Dicembre 2014.)
Fonte: Avv. Licia Albertazzi su www.studiocataldi.it