Avrei preferito ascoltare parole severe di Napolitano verso i partiti…

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I giudici che esercitano il diritto-dovere di esprimere un parere tecnico sull’efficacia di norme che poi dovranno utilizzare, fanno del protagonismo. Questo è il ricorrente pensiero del Presidente Napolitano, in diapason con quello di Renzi, che invita gli stessi giudici – preoccupati dell’inadeguatezza dei provvedimenti contro la corruzione – a parlare solo con le sentenze. Perché – è il senso che si desume da questi interventi – solo i politici sono abilitati a parlare di politica.

Lo dico con rispetto: non sono affatto d’accordo.
Così come ritengo una semplificazione impropria ripartire in parti uguali le responsabilità del conflitto politica-magistratura, confondendo chi provoca con i reati e chi reagisce con l’applicazione della legge.   Avrei preferito ascoltare parole severe di Napolitano verso i partiti, che non filtrano i corrotti in entrata e li proteggono dalla legge una volta indagati. 
 
Ancora una volta, è Papa Francesco a dare l’esempio di discorsi leali e severi sulle “malattie curiali”, che vedono nell’autocritica una pedagogia di miglioramento. Sarebbe bello che Napolitano lo seguisse in questo stile coraggioso, parlando nel suo ultimo discorso di Capodanno delle “malattie della politica”. Per togliere da questa infetta ferita le spesse bende dell’ipocrisia e iniziarla a curare in profondità. 
Sarebbe un lascito prezioso, perché darebbe alla disaffezione di tanti cittadini la speranza di una novità.
Forse persino dell’inizio di un riscatto.

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