Le proposte anticorruzione decise dal CdM, da inserire nel ddl sulla Riforma della Giustizia in discussione alla Camera, sono un passo avanti, ma non una risposta esaustiva, nella prevenzione della corruzione diffusa. Naturalmente ci auguriamo che le Camere migliorino le misure per impedire un fenomeno sempre più connesso a quello mafioso, ma non pienamente identificabile con esso.
È positivo che il ddl proponga tempi di prescrizione più lunghi e confisca, anche agli eredi, dei beni proventi del reato, ma sarebbe opportuno che la sospensione della prescrizione si applicasse dal rinvio a giudizio del presunto colpevole e fosse accompagnata da misure per rendere brevi i processi con il rafforzamento delle risorse umane, tecniche e amministrative delle sedi giudiziarie.
Dalle proposte del Governo, rese note dagli organi d’informazione, manca quella del dimezzamento della pena per i collaboratori di giustizia che nelle inchieste di mafia ha dato ottimi risultati assieme all’uso corretto delle intercettazioni ambientali; non prevede la figura dell’infiltrato (l’agente provocatore dell’ordinamento statunitense) il quale simulando la corruzione mette a nudo il corruttibile, invece ammette il patteggiamento senza ammissione di colpa e non aumenta la pena per la concussione.
L’insieme delle proposte, perciò, non sembrano all’altezza dell’allarme sociale suscitato da Mafia Capitale. Il problema non è l’inasprimento della pena, ma la certezza della sua applicazione. Eppoi, ancora non si risponde alla domanda: come e perché tutto ciò sia potuto accadere? Nessuno ha visto né voluto vedere, vent’anni dopo Tangentopoli che segnò la fine della cd prima Repubblica. Allora venne alla luce la commistione tra classe politica, mondo economico e criminale al Nord dopo le guerre di mafia in Sicilia.
Sorse la richiesta di introdurre norme sul conflitto d’interessi che salvasse l’autonomia e l’onestà della politica. Dopo vent’anni, (cioè dopo i governi di centrosinistra di Prodi e D’Alema e quelli di centrodestra di Berlusconi, Alfano, Bossi, Maroni, Fini) la corruzione si manifesta nella sua attuale forma diffusiva nelle Regioni del Centro Nord e del Sud, con l’Expo, col Mose e col marciume incestuoso tra destra e cd sinistra di Mafia Capitale. La scoperta avviene grazie alla magistratura che scopre, ancora una volta, sia le complicità penali sia le responsabilità e le assenze della politica.
Non basta invocare il potere repressivo di fronte l’indignazione popolare del momento (di solito breve) o appellarsi all’Autorità anticorruzione, occorre riconsiderare l’etica della Politica e dei suoi strumenti. Una democrazia non può essere retta da partiti padronali o conquistabili con pacchetti di tessere acquistati al momento delle primarie o con sacchetti alimentari (ricordano le antiche pratiche della DC e dei monarchici degli anni cinquanta del pacco di pasta o delle scarpe date una prima e l’altra dopo il voto o degli anziani prelevati dagli ospizi da caritatevoli suore).
Prevenire significa vedere le storture e le ingiustizie. Come quelle dei centri di accoglienza le cui gestioni hanno alimentato la truffa ai danni dello Stato (cioè di tutti i cittadini) e tradito lo spirito di accoglienza, il quale va difeso in ogni modo onesto possibile: nella città di Roma ce ne sono 12 e altri 12 nella sua provincia, in Sicilia il Cara di Mineo ospita 14000 migranti). Dal Cara di Mineo oggi proviene gran parte del lavoro nero e del caporalato nella Piana di Catania che mutua i metodi di sfruttamento sperimentati in altre regioni.
L’imprenditore paga 35 euro, per ogni migrante prelevato dal Cara e portato al cantiere o nell’azienda agricola, al caporale il quale dà all’ospite del Cara 25/30 euro per un’intera giornata di lavoro in barba a tutti i contratti collettivi di lavoro. I braccianti siciliani non trovano lavoro e covano rancore. Né l’agricoltura né l’edilizia siciliana sono diventate più competitiva sul mercato globale! Dove sta la difesa dei diritti e del lavoro? Quale sviluppo possiamo prefigurare per il nostro paese con questi livelli di civiltà e di eticità? Infatti, di eticità si tratta prima di tutto perché la proliferazione di tali fenomeni sociali azzoppa la democrazia attuale e pregiudica il futuro.