Meno giornalisti uccisi nel mondo, piu’ rapiti, ma soprattutto un uso più scientifico che in passato di intimidazione e violenza per impedire il lavoro di chi deve informare. E’ la sintesi del rapporto annuale di Reporter San Frontieres l’organizzazione con base a Parigi che monitora da anni lo stato dell’informazione nel mondo.
Nel 2014 i giornalisti uccisi sono stati 66: due in meno che lo scorso anno quanto i morti furono 68. Cresce invece il numero dei rapiti:119 quest’anno contro gli 87 dello scorso anno. Ma quello che rileva RSF e’ che e’ aumentata la strumentalizzazione della violenza contro i giornalisti e la sua macabra spettacolarizzazione. Due delle 66 vittime sono state decapitate e il video delle esecuzioni e ‘stato diffuso in rete. Gli ostaggi sono stati obbligati a leggere comunicati e appelli in stato di evidente costrizione. Due terzi degli omicidi sono avvenuti in zone di conflitto: Siria,Gaza, Iraq e Libia. I rapimenti sono stati particolarmente numerosi in Ucraina (33) Libia (29) Siria(27) e Iraq (20).
Attualmente i giornalisti ancora ostaggio dei rapitori nel mondo sono 40: al novanta per cento sono giornalisti locali.Oltre ai rapimenti poi ci sono gli arresti. In prigione nel mondo ci sono attualmente 178 giornalisti. Gli ultimi casi, i più clamorosi, che il rapporto non ha fatto in tempo a prendere in esame, sono gli arresti avvenuti in Turchia.
A guidare il triste record della persecuzione nei confronti della stampa e’ l’Ucraina con 215 aggressioni seguita dal Venezuela (134) poi la Turchia(117) la libia(97) e la Cina (84).
Davanti alla Torre Eiffel i dirigenti di RSF hanno depositato un container con la scritta:”questo non e’ un container, e’ una prigione”. L’allusione e’ alla sorte del giornalista eritreo Dawit Isaak, detenuto dentro un container nel deserto.
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