L’Unicef lancia l’allarme: 230 milioni di minorenni vivono in zone di conflitto. Dall’Asia al Medio Oriente, all’Africa, nell’anno in corso la violezna si è abbattuta sui più vulnerabili con una brutalità che non ha eguali nella storia recente, compromettendo il futuro di intere società.
Quasi 230 milioni di bambini restano intrappolati in zone di conflitto, la maggior parte delle quali dimenticate dai media. E’ questo l’allarme lanciato dall’UNICEF, che ha calcolato circa 15 milioni di minori residenti nelle regioni che nel 2014 hanno riempito le pagine delle cronache di guerra: Siria, Iraq, Palestina, Ucraina, Repubblica Centrafricana e Sud Sudan. A questi, però, si vanno ad aggiungere tutti quei bambini che vivono in zone sconvolte da crisi endemiche o semplicemente poco interessanti per il pubblico europeo: Afghanistan, Repubblica democratica del Congo, Nigeria, Pakistan, Somalia, Sudan e Yemen. E il totale sale e 230 milioni solo nel 2014.
“I bambini – ha detto il direttore esecutivo dell’UNICEF Anthony Lake in un comunicato – sono stati uccisi mentre erano in classe e mentre dormivano nei loro letti, sono rimasti orfani, rapiti, torturati, reclutati, violentati e anche venduti come schiavi. Mai nella storia recente così tanti bambini sono stati sottoposti a tale brutalità indicibile”. Brutalità che non si limita al presente, ma anche al futuro dei singoli Stati. “La violenza e il trauma – ha aggiunto Lake – non si limitano a danneggiare i singoli bambini, ma minano la forza della società”.
Ogni paese sembra avere il suo piccolo primato, come la Palestina: oltre 538 bambini uccisi nei raid israeliani su Gaza lo scorso agosto – il 20 per cento del totale delle vittime civili – senza possibilità di fuga in un territorio minuscolo e assediato, di cui 138 morti in un colpo in una struttura dell’Onu, bombardata da Tel Aviv nonostante l’UNRWA avesse comunicato 17 volte le coordinate della scuola alle forze di occupazione perché la risparmiassero.
Ma non solo vittime nei bombardamenti: secondo i dati diffusi dall’Olp, circa 10mila minori sono stati detenuti nelle carceri israeliane a partire dal 2000. Secondo un rapporto 2013 del Fondo per bambini delle Nazioni Unite, Israele è l’unico paese al mondo in cui i bambini vengono sistematicamente processati in tribunali militari e sottoposti a “pene o trattamenti inumani e degradanti”.
Siria e Iraq, Paesi uniti dallo spettro dello Stato islamico oltre che dalla guerra civile, 7.3 e 2.7 milioni di bambini sono stati toccati quest’anno dalla guerra, “vittime, testimoni e persino autori – elenca l’UNICEF – della violenza sempre più brutale ed estrema“. Lo scorso novembre, un’indagine delle Nazioni Unite sui crimini di guerra in Siria ha rilevato i casi di rapimenti, stupri e altre forme di violenza sessuale e fisica nei confronti delle donne e dei bambini, compreso il reclutamento forzato di minori da parte dello Stato Islamico (ISIS).
Come ricorda Human Rights Watch, i 25 studenti rapiti dallo Stato Islamico nel maggio scorso mentre tornavano da Aleppo verso Kobane e rilasciati a alla fine di ottobre, ad esempio, sono stati costretti a guardare video di decapitazioni e sono stati picchiati con cavi. Una strategia che accomuna lo Stato islamico ai Boko Haram nigeriani: delle circa 300 tra donne e bambine rapite sei mesi fa in una scuola di Chibok, almeno 200 – secondo il movimento stesso – sono state costrette a sposare i propri combattenti.
Minori di 17 anni sono stati individuati nei checkpoint allestiti da Boko Haram, ma non è niente in confronto ai 10mila bambini che si stima siano stati reclutati dalle fazioni che si combattono nella Repubblica Centrafricana. Danni piscologici della guerra e della miseria, ma non solo: con l’ebola alle porte, migliaia di orfani e circa cinque milioni di bambini tra Guinea, Sierra Leone e Liberia sono impossibilitati a frequentare la scuola, con danni incalcolabili che potrebbero espandersi a gran parte del continente.
Da perlapace.it