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WhatsApp come nuovo ‘’canale’’ giornalistico

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L’ instant messaging nell’ informazione, come accade per altre piattaforme social, è sia strumento per individuare fonti dal basso sia terreno di diffusione dei propri contenuti.
Ne abbiamo parlato a Digit, il 20 settembre scorso, in un workshop che si è concentrato su WhatsApp e torniamo sull’ argomento con alcune altre considerazioni.

di Alessandro Cappai

Sui social come fonte di traffico è intervenuto, tra gli altri, Pier Luca Santoro il 22 settembre scorso. La sua attenzione nei confronti delle piattaforme di instant messaging come canale di diffusione nel pubblico è stato anche un mio punto di partenza, dopo la pubblicazione del rapporto del Reuters Institute for Journalism che poneva WhatsApp al terzo posto in Italia nella classifica delle fonti “social” di notizie. Secondo il Rapporto le principali piattaforme per la fruizione delle notizie in Italia sono Facebook con il 57%, a seguire YouTube col 23% e poi WhatsApp con il suo 13% davanti all’11% di Google+ e al 10% di Twitter.

Nella relazione presentata a Prato, come evidenziano anche le mie slide, avevo cercato di cogliere entrambi gli aspetti.
Concentrandosi su WhatsApp è facile affidare ai messaggi diretti e di gruppo il compito di raccogliere informazioni e notizie; mentre ai messaggi broadcast si assegna l’ obiettivo di consegnare la notizia sugli apparati mobili. Il 6 ottobre scorso, inoltre, un aggiornamento dell’ app ha integrato le indicazioni sull’ avvenuta consegna del messaggio con la notifica della lettura dello stesso. Un nuovo strumento per poter analizzare il comportamento del lettore.
Ma tornando all’ uso dell’ instant messaging come fonte di notizie e canale aperto per citizen journalism, gli esempi che ho portato a Prato sono due.
WhatsApp è diventato fonte di notizie per Globo Extra, in Brasile, che ha raccolto foto, video e notizie dai manifestanti durante le proteste di piazza del 2013. Anche in Europa Vol.At, in Austria, ha promosso esperimenti, usando la messaggistica istantanea per intervistare la miss nazionale.
Sulla modalità di diffusione dei contenuti sono ricorso a due case studies: BBC in occasione delle elezioni in India nella primavera del 2014 e l’impegno sul “canale” WhatsApp di OxfordMail.
Per tutti il punto centrale è *far registrare*  il numero di telefono della fonte al destinatario/lettore per consentire a quest’ultimo la ricezione dei messaggi broadcast.
BBC ha veicolato attraverso WhatsApp risultati e notizie legati alla politica in India e oggi sta rilanciando l’uso della piattaforma con i messaggi dedicati all’ebola. In quest’ultimo caso è molto interessante osservare come si prediliga l’ invio di materiale informativo in audio e in immagini, invece del tradizionale messaggio testuale.
Anche a Chicago in occasione della conferenza annuale dell’ONA un panel si è concentrato sull’uso dell’ instant messaging per le notizie con tanto di hashtag #onachats e con la pubblicazione delle slide dell’ autore del panel, Trushar Barot, il giornalista della BBC che ha curato i progetti sulle elezioni in India e ora sull’ epidemia di ebola.
L’instant messaging è il più potente strumento di consegna in push della storia e crea un rapporto intimo col proprio destinatario” dice Trushar Barot.
Chi sta sperimentando con forte impegno l’ uso di WhatsApp è il quotidiano locale inglese OxfordMail.
Attraverso il loro account si veicolano immagini della prima pagina, un elenco di notizie più lette della giornata e le breaking news. Ultimamente è curioso notare come OxfordMail si stia concentrando anche nell’ arricchire i singoli messaggi con emoticons.
Nelle prime settimane di settembre la redazione inglese ha promosso un questionario tra i destinatari del servizio.
Tra gli aspetti più interessanti delle risposte c’ è il 57% dei lettori che non si limitano alla lettura dei titoli inviati su WhatsApp, ma seguono la storia. Infatti solo il 27%, rispondendo a una domanda successiva, dichiara di non cliccare sui link contenuti nel messaggio, mentre la stragrande maggioranza si collega all’ articolo completo.
Quello dei link è uno dei punti deboli, secondo Tarot, di WhatsApp perché, non possedendo un browser interno, impone al lettore di andare su un’ altra app per leggere l’ articolo. I dati di OxfordMail confermano che ben oltre la metà dei lettori non si preoccupa del passaggio tra applicazioni, ma approda sulla pagina del portale della testata.
Inoltre il pubblico si spacca sulla predisposizione a ricevere messaggi multimediali (audio e video). Una risposta che lascia qualche dubbio, perché una delle qualità dell’ instant messaging è proprio quella di gestire con facilità contenuti extratestuali, ma secondo i dati solo la metà del campione si dice favorevole.
In pochissimi, tra i lettori di OxfordMail, ‘’sharano’’ ulteriormente i contenuti ad altri utenti della propria rubrica. Quella che diventa un’ attività social vera e propria viene dimenticata, in favore di un approccio del lettore maggiormente broadcast, dove il destinatario si sente terminale della comunicazione.
Ma chi è il pubblico di OxfordMail su WhatsApp? Per il 58% è maschio, mentre le fasce di età si dividono in 9% sotto i 25 anni, 27% tra i 26 e i 35 anni, 22% tra i 36 anni e i 40 anni, con un 42% di over 40 anni. Insomma, almeno in questo caso, non si può certo catalogare WhatsApp come un canale dedicato ai “giovani lettori”.

Da lsdi.it


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