Marianna Madia e suo marito Mario Gianani hanno subito un inaudito atto di violenza da parte di un giornale e di un direttore giornalistico. Uno di noi, un esponente della nostra categoria. Vergogniamoci tutti insieme per questa ennesima disgutosa manifestazione di assenza di qualsisasi eticità della nostra professione. Adesso è inutile evocare le posizioni politiche del giornale, della ministra, e aggrapparsi a penosi precedenti, è venuto il momento di affrontare di petto il caso vero, il bubbone da intaccare: l’ordine dei giornalisti. Lo scrivemmo in tanti casi del passato, ultimo quello di Renato Farina, l’agente “betulla”, che si faceva pagare dai servizi per passargli le informazioni sui colleghi. Se questo è l’ordine che riammette Farina e non espelle seduta stante Alfonso Signorini (nella foto) dobbiamo gridare a gran voce in tanti che da questo Ordine ce ne andiamo! Perchè un Ordine professionale che per i cittadini ormai è solo una delle caste di questo paese ha una sola forza nelle sue mani: l’etica dei comportamenti. Il ritorno ad un’etica professionale forte, esplicita, volutamente sottolineata, sarebbe l’unico modo per ridare un senso a un organismo privo ormai di valore e di significato e di riavvicnare la nostra categoria al suo unico autentico editore che è il cittadino che legge, sche sceglie il suo gornale, il suo telegiornale, la sua radio, i suoi siti web.
Personalmente potrei scrivere a lungo contro i provvedimenti sulla pubblica amministrazione proposti da Marianna Madia, e questo sarebbe fare giornalismo. Ma l’oscenità di quelle pagine, l’obiettivo dichiarato di fare di qualsisasi dettaglio una pagina di fango, il non rispetto assoluto si una legge sulla privacy che quando fu varata ci pose ai vertici della correttezza etica in Europa, è una di quele gocce che fanno traboccare il vaso. E non è solo una questione di sessismo e di ulteriore attacco alla differenza di genere, che pure è stata una forma di degrado del giornalismo degli ultimi venti anni, è un problema prettamente professionale: quelli di CHI che lavorano così io e migliaia di noi non li riconosciamo più come colleghi. L’Ordine ne prenda atto e faccia semplicemente il suo dovere.