Dichiarazioni, interviste, indiscrezioni, polemiche. La decisione del CdA della Rai di fare ricorso contro il taglio di 150 milioni di euro ha fatto immediatamente rialzare la tensione.
Ma ho l’impressione che si siano persi i punti centrali della questione.
1– un amministratore ha non solo il diritto, ma soprattutto il dovere, di agire a tutela dell’azienda che amministra.
Del resto, non è la prima volta che il CdA della Rai agisce in questo senso. Lo ha fatto a inizio anno per il mancato adeguamento del canone deciso dal ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato. Lo fece nel 2006, per le stesse ragioni, quando ministro delle Comunicazioni era Mario Landolfi. Solo in questa occasione si è sollevato questo polverone.
2– se il governo ritiene di aver agito secondo correttezza, perché tanta agitazione? Il giudice si incaricherà di bocciare il ricorso.
3– nel caso della Rai, essendo un Servizio pubblico, il ricorso era ancor più necessario per riaffermare che le risorse economiche di cui dispone non possono essere dipendenti anno per anno dal potere politico. E’ una questione di autonomia e indipendenza, richiamata più volte da tutte le istituzioni e organizzazioni europee.
E’ questo il motivo per il quale l’Usigrai, per prima, nell’immediatezza dell’approvazione del decreto sul taglio, ne ha denunciato l’illegittimità, forte anche del parere dal prof.Alessandro Pace.
Ed era questo il senso della diffida che l’Usigrai ha inviato a inizio mese e che ha per indotto il CdA della Rai a votare dopo mesi di immobilismo.
4– il voto del CdA ha scatenato una serie di dichiarazioni nelle quali in sostanza si afferma che i componenti del consiglio di amministrazione devono votare in linea con le decisioni di chi li ha indicati, governo e forze parlamentari. Si tratta di una delle più plateali sconfessioni delle decine di dichiarazioni di intenti per una Rai libera e indipendente.
Quanto accaduto, quindi, rende necessario ribadire ancora una volta – come giustamente ha fatto Beppe Giulietti sul sito Blitz quotidiano – che la vera riforma indispensabile e urgente per la Rai Servizio Pubblico è quella delle fonti di nomina, per liberarla certamente dal controllo dei partiti, ma anche da quello dei governi.