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Rai: il cda voto ricorso contro il governo. Gubitosi, “atto inopportuno”. Usigrai, “incomprensibile dissenso dg”. Colombo-Tobagi, “nostro voto in difesa indipendenza azienda”

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La Rai farà ricorso contro il decreto Irpef del 24 aprile scorso che prevede, entro l’anno, il prelievo dalle casse della tv di Stato di 150 milioni. Proprio oggi il cda ha approvato l’ordine del giorno che impegna l’azienda a fare ricorso in tempi brevi al Tar, al giudice ordinario o a entrambi. E il commento di Gubitosi arriva pochi minuti dopo sulla decisione del cda: “Un atto inopportuno”.  Consiglio spaccato. La decisione è stata presa con sei voti a favore (Verro, De Laurentiis, Rositani, Pinto, Tobagi e Colombo), due contrari (Luisa Todini e Antonio Pilati) e un astenuto (il presidente Anna Maria Tarantola).

“Finalmente il voto” commenta l’esecutivo Usigrai. “Il ricorso contro il taglio di 150 milioni è un atto indispensabile per riaffermare il principio dell’autonomia della Rai: in linea con tutte le normative europee, le risorse per finanziare il Servizio Pubblico non possono dipendere anno per anno dal governo di turno”. “Molto grave la spaccatura tra Dg e CdA – prosegue la nota -. Resta incomprensibile il dissenso del Dg per un atto in difesa dell’autonomia e indipendenza dell’azienda”.

“Il nostro voto a favore del ricorso contro il decreto che ha distolto dal bilancio del servizio pubblico 150 milioni di canone Rai gia’ versato dai cittadini e’ stato un atto dovuto, per rispetto delle regole a cui tutti, anche il governo, devono attenersi. Non e’ un voto contro il risanamento della Rai, che abbiamo appoggiato, nei fatti, in ogni modo”. Lo sottolineano in una nota i consiglieri d’amministrazione Gherardo Colombo e Benedetta Tobagi, secondo i quali “sottrarre il canone gia’ versato e’ una violazione delle regole poste a tutela dell’indipendenza del servizio pubblico dall’esecutivo. La tv pubblica e’ finanziata con un’apposita “tassa di scopo” nella maggior parte dei paese europei proprio per non renderla direttamente dipendente dalla generosita’, o meno, del governo di turno”. Nel ricostruire tutti i passaggi della vicenda, Colobo e Tobagi sottolineano che il loro voto a favore del ricorso “e’ un atto a tutela del patrimonio aziendale, e insieme un gesto che vuole ribadire la necessita’ della massima chiarezza e rispetto delle regole, a partire dai principi della Costituzione, tra Rai e governo. Ci siamo impegnati per il risanamento, ma come amministratori non potevamo restare inerti davanti alla necessita’ di verificare se un provvedimento che ha inciso cosi’ profondamente sulla Rai sia o meno incostituzionale. Ci siamo spesso chiesti cosa sarebbe accaduto se fosse stato un altro governo, per esempio un governo Berlusconi, a sottrarre alla Rai una parte del canone gia’ versato dai cittadini: crediamo che in molti settori della societa’ vi sarebbe stata una vivace opposizione.
Ma l’indipendenza del servizio pubblico dall’esecutivo, tutelata anche attraverso il canone destinato a finanziarlo, e’ un valore da tutelare a prescindere da chi e’ al potere. Non bisogna creare pericolosi precedenti”.


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