Marcello Lonzi, morto in carcere. La madre in piazza per chiedere verità e giustizia. Il silenzio assordante dei media nazionali

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Montecitorio è il solito via vai di gente sotto un cielo plumbeo. In piazza si alternano le rivendicazioni, le proteste, i presidi permanenti di cui ormai nessuno ricorda più lo scopo, non fosse per gli striscioni appena affissi. E oggi c’era anche Maria Ciuffi, madre di Marcello Lonzi, un ragazzo di 29 anni morto nel carcere de “Le Sughere” nel lontano 2003. Una presenza quasi solitaria, non fosse stato per alcuni esponenti politici e la selva di giornalisti, che oggi, dopo 11 anni hanno finalmente deciso di accendere i riflettori su un caso controverso di morte in carcere, per cause ancora tutte da accertare. Lo ha confermato il Gip Beatrice Dani, che ha respinto, nel giugno di quest’anno la richiesta di archiviazione del caso.
Maria non si arrende, non si è mai arresa e continua a far vedere quelle immagini raccapriccianti, di un corpo martoriato, ritrovato in una pozza di sangue, con otto costole rotte, la mandibola fratturata, due buchi in testa, la faccia stravolta. Difficile credere, di fronte a tali immagini, che possa essersi semplicemente trattato di caduta accidentale, e morte dovuta ad arresto cardiocircolatorio. Soprattutto alla luce delle rivelazioni fatte da un testimone nel gennaio di quest’anno dopo anni e anni di silenzio.
Ma il dato che maggiormente colpisce in tutta questa vicenda (al di là delle archiviazioni), dolorosa di suo, è la solitudine che in questi anni ha circondato Maria, la sua battaglia per ottenere verità e giustizia per un figlio affidato nelle mani dello Stato e ritrovato morto qualche mese prima che finisse di scontare la sua condanna.
Una storia che non ha nulla di diverso da casi come quello di Stefano Cucchi o Federico Aldrovandi, ma che non ha avuto la capacità di “bucare” al pari di questi e di coinvolgere un’opinione pubblica sempre abbastanza distratta quando si parla di carcere. Perchè quelle foto sono rimaste inchiodate nel circuito della stampa locale e non sono mai approdate sui canali nazionali? Perchè ci sono casi su cui cala un assoluto silenzio?
Lonzi, infatti, non è l’unico caso “dimenticato” molti altri ve ne sono e lungo sarebbe l’elenco. A ricordarli tutti ci ha pensato invece Rita Beranardini, parlando alla stampa radunata oggi a Montecitorio. L’auspicio è che, magari, spinto dalla curiosità, qualcuno si vada a cercare quei volti e quelle storie e che, al prossimo presidio, non ci siano solo i giornalisti a fare capannello ma la gente comune.


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