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Lavoratori e Art.18. L’informazione oscurata

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Ci sono in piazza centomila lavoratori di tutti i settori pubblici?  Basso pagina, richiamo in prima, magari quasi nascosto. Quando va bene e al Corriere della sera non va bene ed evita anche  il richiamo. Certo c’è la notizia delle dimissione di Napolitano. Lui non le ha date, neppure le ha annunciate. Ne ha parlato Repubblica e diventa l’apertura di tutti i giornali. Se fossimo maligni dovremmo dire che buttare là questa notizia era chiaro che oscurava tutto ciò che avviene nel nostro paese, nel sociale. E noi siamo maligni. Del resto c’è una specie di caccia alle streghe, un  dagli all’untore che sprizza dalle pagine dei giornali, carta stampa,a televisione, radio. Presa di mira è la Cgil, il segretario generale  Susanna Camusso,  ci sarebbe una incompatibilità di carattere, lei proverebbe una antipatia per Matteo  Renzi. Lo scrivono giornalisti professionisti, non ragazzini. Insomma il più grande sindacato militerebbe milioni di lavoratori per una questione di pelle. E quando va bene si dice che lo fa perché costretta a fare concorrenza al rude  Maurizio Landini, una volta definito pappa e ciccia con il segretario del Pd che ora invece dice non prende ordini dal Pd. E sempre viene fuori l’articolo 18, il totem, il tabù.

Il coro di un giornalismo straccione che rinuncia ad informare

Ma lasciate perdere, interessa poche migliaia di lavoratori. Il  giornalista professionista sa bene, basta leggere le statistiche, che interessa quasi sette milioni di lavoratori. E sulla scia di Renzi domanda alla Cgil dove eravate, perché la tutela non riguarda tutti. Meraviglia in questo coro straccione l’intervento di Scalfari che conclude l’editoriale domenicale dove, giustamente ci pare richiama la Carta dell’Unione europea che all’articolo 30 prevede il ricorso di ogni lavoratore contro licenziamenti ingiustificati. Ma citiamo testualmente: “La Cgil dovrebbe semmai estendere l’articolo 18 a tutti i lavoratori quale sia il loro specifico contratto di categoria”. Non si può che rimanere basiti. L’articolo 18 fa parte di una legge dello  Stato e  Susanna Camusso non ha ancora i poteri di promulgare leggi dello Stato.  Non crediamo che Scalfari sia così ingenuo da pensare che in una trattativa  con le associazioni dei piccoli imprenditori  si possa inserire nei contratti una clausola che riguarda l’articolo 18. E’ problema dello Stato, dei governi, del Parlamento.  Sarà bene ricordare due cose: la prima riguarda l’atto di nascita dello Statuto, la seconda è la risposta alla domanda di Scalfari.  In Parlamento questa importante riforma per la quale la Cgil si batte fin dal 1952 quando l’allora segretario,  Giuseppe Di Vittorio,la propose non ebbe il voto favorevole del Pci. Lo Statuto era opera del ministro socialista, Brodolini e di Gino Giugni, stretto collaboratore del ministro. Luciano Lama diventato da pochi mesi segretario generale del sindacato di Corso d’Italia, definì lo Statuto una riforma molto importante. E apprezzamento venne anche dal Pci. L’astensione aveva diverse motivazioni fra cui quella di non comprendere i lavoratori delle aziende sotto i 15 dipendenti.

Cgil: quattro progetti di legge popolare, 5 milioni di firme, per estendere i diritti

E questo problema , Scalfari dovrebbe saperlo,  Renzi no, lo comprendiamo perché ha rottamato anche la storia, quella della sinistra in primo luogo, proprio  dalla Cgil fu affrontato  con la grande manifestazione,  23 marzo  2002, dei Fori imperiali a difesa dell’articolo 18. In quelle stesse settimane , lo abbiamo già scritto e lo scriviamo di nuovo, la Cgil ,  di lotta e di governo, verrebbe voglia di dire, presentò  quattro progetti di legge di iniziativa popolare, sostenuti da oltre cinque milioni di firme. I progetti  proponevano un sistema riordinato e razionalizzato di tutele applicabile ai cosiddetti lavoratori atipici e parasubordinati (oggi diremmo ai precari);  la tutela dei dipendenti delle imprese minori, risarcimenti e reintegri,un sistema universale e sostenibile di ammortizzatori sociali; la semplificazione del contenzioso di lavoro, valorizzando i riti alternativi (conciliazione e arbitrato). Basterebbe che il ministro Poletti chiedesse  o verbali alla Cgil o facesse frugare in qualche angolo del ministero e il problema sarebbe risolto. E anche che qualche giornalista raccontasse la verità, riprendendo un vecchio slogan sempre valido: il diritto ad informare e quello dei cittadini ad essere informati.

Media: segnali di  ritorno ad un passato oscurantista

Perché i segnali di un ritorno al passato da parte dei media che danno notizie di manifestazioni, scioperi solo quando ci sono incidenti,  manipolano proposte, la campagna contro l’articolo 18 , sono  evidenti. Il manovratore non deve essere disturbato in particolare quando va in visita in fabbriche dove gli operai sono messi in ferie e alla Cgil è  vietato esercitare il  diritto di sindacato all’interno dell’azienda. Non solo la interviste al presidente del Consiglio e segretario del Pd sono sapientemente guidate. Mai che partecipi ad un reale confronto magari in qualche talk show.  Il nuovo conduttore di Ballarò, Massimo Giannini  si  è dovuto recare a Palazzo Chigi per rivolgere domande al premier. E, spiace dirlo, non è stato il Giannini, giornalista, che rivolgeva domande mai indulgenti a chi intervistava.  Leggendo le cronache sia dei quotidiani che delle televisioni sulla manifestazione dei centomila restiamo basiti. Il tema di fondo diventa il contratto di lavoro.  O  ci date il nuovo contratto o si fa lo sciopero generale.  Certo per chi ha un contratto fermo al 2009 perdendo migliaia di euro, si tratta di circa tre milioni di lavoratori,la questione è  importante. Ma la manifestazione, la mobilitazione inquadrava il contratto entro un ambito indigeribile per il governo:la riforma, si fa per dire, della Pubblica amministrazione che Renzi  tiene in cassaforte come un gioiello prezioso e “ vende”alla Commissione dell’Unione europea. I sindacati, unitariamente, hanno smontato pezzo per pezzo la”riforma Madia”, hanno avanzato proposte molto importanti che riguardano non solo le condizioni di vita e di lavoro di milioni di dipendenti pubblici ,ma soprattutto i servizi fondamentali che servono ai cittadini. Ma di questo è meglio  tacere, far finta di niente.  Non  può durare. Non deve durare. L’informazione non può essere oscurata, se è vero, come è vero che è il sale della democrazia.


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