Non è privo di importanza l’impresa che un gruppo di venti esperti tra i quali il capo di Statitics Canada Wayne Smith, il Chief Statician del Sud Africa Pali Lehohla, il tecnologo Tim O’ Really e il vicedirettore dell’Undp (l’agen zia ONU per lo sviluppo) coordinati da Enrico Giovanni ni, ex capo statistico dell’OCSE, ex ministro del Lavoro nel governo Letta e Robin Li, presidente del Baidu, il motore per la ricerca cinese, hanno incominciato un lavoro comune per fare in modo che ci sia una collaborazione internazionale per garantire qualità e attendibilità nei Paesi in via di sviluppo e in questo modo mettere in evidenza la situazione delle nazioni più deboli spesso ignorate dalla statistica.
I governi, le aziende, i ricerca tori stanno vivendo un fermento di sperimentazione e innovazione per adattarsi a un nuovo mondo sempre più ricco e completo di dati. Ma troppi nel mondo sono esclusi da questo processo per mancanza di risorse,di conoscenze e di opportunità. Si creano così grandi e a volte crescenti disuguaglianze nell’accesso ai dati, all’informazione e nella capacità di servirsene. Per superare una situazione che favorisce situazioni non paritarie e disinformazione, il rapporto che l’ONU sta preparando, con il gruppo di esperti a cui abbiamo accennato, avanza una serie di proposte che dovrebbero attuarsi immediatamente.
1)la prima è quella fondamentale di mettere a punto un consenso globale sui principi e sugli standard per costruire la fiducia tra quelli che utilizzano i dati;
2)necessità di condividere le tecnologie e le innovazioni per il bene comune attraverso una rete di data innovation per mettere a confronto gli esperti e le organizzazioni in questo campo; 3) destinare nuove risorse allo sviluppo della capacità statistica. Soltanto attraverso nuovi investimenti, è possibile superare le disparità esistenti;
4) creare un Forum mondiale per lo scambio di esperienze sui dati e un altro Forum degli utilizzatori per colmare il gap fra produttori e utenti.
5) un laboratorio che consenta lo scambio di informazioni facilmente comprensibile che metta insieme fonti diverse sullo “stato del mondo”.
Gli esempi fatti per dimostrare l’importanza di questi strumenti sono molto eloquenti. Per esempio, in Messico un database sui sussidi ai contadini costruito da un gruppo indipendente ha rivelato che gran parte dei fon di erano sempre andati a un piccolo gruppo di contadini molto ricchi: il 10 per cento di quelli che lo ricevevano aveva ricevuto più del cinquanta per cento dei fondi. Co sì un altro esempio in India ha rivelato che lo stanzia mento deciso nel 1999 di 4 miliardi di dollari per migliorare l’accesso alle strutture igieniche, aveva migliorato gabinetti dei più abbienti, perché, nella popolazione che si trova tra il 21 e il 40 per cento in ordine di ricchezza, la defecazione all’aperto negli anni tra il 1995 e il 2008 è scesa dal 56 per cento ma aveva avuto uno scarsissimo effetto sul 20 per cento più povero dove questa pratica risulta diminuita soltanto dal 99 al 95 per cento. Nella sostanza l’informazione è potere e la disuguaglianza, particolarmente accentuata nel nostro Paese,tra quelli che ne fruiscono e quelli che non possono, è alla base di una società che non si può definire né giusta né allo stato che procede a grandi passi verso quell’obbiettivo.