Lavoreremo nella massima trasparenza. Ottimo intento. Ma cosa vi può essere di più ‘trasparente ’ del’assenza fisica ed operativa con cui la maggior parte dei responsabili istituzionali (centrali e periferici) dei Beni e della Politica Culturale brillano per efficacia nel declinante paese delle banane? Dagli scavi di Pompei alla Cloaca Massima di Roma (mai denominazione fu più pertinente), dalla rinascita di Venezia alla rifondazione dei Teatri e degli Enti lirici (ed annettendo lo scempio in itinere dei giornali, dell’editoria ‘non ammansibile’), la mappa dell’italica strafottenza in materia di conoscenza, divulgazione, supporto turistico ed ecologico non conosce baluardi. Se non minime roccaforti di potere acquisito,sedimentato, parcellizzato in ragione di uno scacchiere di spartizioni, di ‘dividi et impera’ rinfocolato (ma fin quando?) dall’esiziale capannone delle ‘larghe intese’ e dei ‘mercanti in fiera’
La sintomatologia del disarmo, la desertificazione ‘in progress’ occuperebbero una mappa capillare di insegne, tradizioni, gruppi teatrali e opifici artistici, dei quali le recenti ‘invasioni barbariche’ sull’Eliseo e il Teatro dell’Opera di Roma non sono che triste pulviscolo di un’ abbandono programmato e generalizzato, e in ogni regione italiana (un solo esempio: il glorioso Teatro Garibaldi di Palermo – a che punto è la sua notte?). Sarebbe da ipocriti plaudire, non senza stupore, al coraggio, alla costanza, alla personale ‘esposizione’ con cui- con stato d’animo improntato alla provvisorietà – si sostanziano rassegne, iniziative, assemblamenti di ricerca e progetti che, per andare a segno, impongono nervi saldi e sovrumana capacità di concentrazione. In ambienti e circostanze (storiche, strutturali) che a tutto si addicono, tranne lavorare con serenità e ‘visibilità’ a medio- lungo termine.
Come nel caso del trasteverino Teatro Belli – storica palestra di attori come Proietti e Salines, e di grandi autori come Roberto Lerici e il giovane Pasolini- che apre le sue ‘consumate’ porte alla tredicesima edizione della rassegna Trend- nuove frontiere della scena britannica (a cura di Rodolfo di Giammarco), inaugurata a fine ottobre ed in programmazione sin’oltre la metà di novembre.
“Spalanchiamo per la tredicesima volta una finestra sugli orizzonti della scrittura teatrale dell’Oltremanica, gettiamo uno sguardo ai modi di ritrarre l’uomo e la donna in società o ai margini della società in questo tormentato inizio di terzo millennio ad opera di autrici e autori inglesi che compongono un panorama sempre di riferimento per i palcoscenici giovani, intellettuali e popolari di mezzo mondo”- annota Di Giammarco.
Aprendo così un varco sulla drammaturgia più tempestiva, impegnata e disposta a un monitoraggio di vizi, mancanze, slittamenti -più o meno plateali- che vanno ben oltre la diagnostica del Regno Unito. Con tanta tenacia e sopraggiunti assilli (sempre di ordine economico-logistico) Nuove frontiere della scena britannica trova comunque riconosciuto il suo carattere di ‘interesse culturale’ della Città di Roma, traendo minimo sostegno dall’Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – “a riprova di una parte politica, minoritaria, ma meglio di niente, che ha a cuore un rapporto con la scrittura della scena del nord Europa”. Una scrittura incline ad eleggere il teatro a materia di studio, e a pratica civile di formazione della coscienza.
Enucleando su Trend un progetto di opere prime per l’Italia (tutte -tranne una), di scoperte di autori quasi sconosciuti, di drammatizzazioni recenti o di percezioni di fenomeni giovanili o post-giovanili febbrili e attualissimi. Per ottenere –al dunque- una ricerca di caratteri fuori dalle convenzioni, “E garantendoci studi del comportamento generazionale, inquieto, talvolta ancora rabbioso (in sacche extra metropolitane) delle fasce più acerbe o meno toccate dal benessere”- prosegue il curatore. Alimentando un coinvolgimento di comunità di attori- studenti, di compagnie in crescita, di interpreti meritevoli e singoli “da inserire in cartellone in abbinamento con artisti già affermati”
Qualche cenno al programma. In “Quietly” di Owen McCafferty si affronta un duello duro e insanabile che si addentra nelle spire dei pensieri, degli asti, delle coscienze sporche di due reduci, da opposti fronti, negli scontri epocali ai tempi dell’Ira. In “Dark Vanilla Jungle” di Philip Ridley “ si sbatte la faccia” contro una vita a rischio di infelicità permanente che, come sembra avvenire in ogni inciviltà odierna, ritrae- con un selfie spietato- una ragazza indigente, isolata e senza futuro. Focalizzando e adottando, sempre dal repertorio di Ridley, alcuni brevi atti unici poco conosciuti anche in Inghilterra, accorpabili comunque in serata monografica.
Con “Eigengrau” di Penelope Skinner ‘si evocano’ schemi, pregiudizi, umane miserie “meritevoli di saltare per aria”,mentre le regole del quieto vivere s’invertono, l’anaffettività delle creature si fanno scambiabili e intercambiabili, le amicizie ‘profondamente superficiali’, il nulla che si sposta e diventa ‘altro nulla’. In “Lungs” di Duncan Macmillan si dibatte sulla possibilità/volontà di avere un figlio nell’ambito di una vita di un lento mutamento climatico che renderà tutto aleatorio, “per una deriva che finalmente ci porterà lontano”, anche se si giungerà al capolinea dell’ utopia.
In “The One” di Vicky Jones (foto di scena) c’è un uomo che sta con una donna, e c’è una donna che è stata con quell’uomo, e c’è un meccanismo distruttivo, un ciclo violento, non senza additivi da teatro dell’ assurdo, di sbilanciamento emozionale, di orrore impenitente di sé. In “Bitch Boxer” di Charlotte Josephine s’addensa l’autoritratto d’una ragazza che, priva del tutor paterno, aspira a candidarsi alle Olimpiadi di boxe, con un misto di vigore e di tenerezza, di muscoli e di idee, di tensioni e di anticlimax.
Il tutto in un accostamento azzardato ma non affastellato di ‘testi e pretesti scenici’ che hanno per target spettatori giovani e meno giovani, filo-britannici ma anche senza appartenenze, amanti di testi tutti da scoprire. Conclude Di Giammarco “Facciamo in modo che il pubblico, con un biglietto teatrale, possa risparmiare il costo d’un viaggio e soggiorno fra Londra ed Edimburgo”. Augurandogli il pienone ‘a bordo’.