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Immigrazione, politica e linguaggio. Serve un nuovo patto di cittadinanza fra “vecchi e nuovi” cittadini

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Periodicamente a Roma e in Italia si torna a parlare di immigrazione in termini di invasione. Solitamente accade a ridosso di qualche tornata elettorale o quando si costituiscono nuovi soggetti politici a destra. In entrambi i casi per calcolo elettoralistico cinico e vergognoso. A corollario di questa pericolosa strategia del consenso vengono coniati o riesumati slogan, luoghi comuni e falsità fatte poi circolare come una vulgata, la più insidiosa quella dei 40 euro giornalieri dati agli ospiti dei centri di accoglienza per rifugiati. L’effetto è quello di avvelenare i pozzi della convivenza civile, alimentare paure e divisioni. Sentimenti questi che si nutrono di un disagio economico e sociale reale, a volte più forte in alcune delle periferie metropolitane. Mentire per distorcere la percezione dei fatti è una operazione consapevole e criminale, che tende ad alimentare una conflittualità fra poveri, senza neanche tentare di dare risposte concrete ai disagi e aggiungo io rappresenta anche una gigantesca operazione apologetica verso se stessi. La Lega in particolare in quasi 20 anni di governo non solo non ha risolto alcun problema, ma anzi spesso dichiaratemente osteggiato i piani di investimento sulle aree metropolitane  a Sud del Rubicone, compresa Roma. La città delle banlieu in periferia come disse Maroni. La stessa città che Salvini vorrebbe visitare, proprio a Tor Sapienza dove questa strategia della tensione pericolosamente messa in atto da gruppi di facinorosi che poco hanno a che fare con quel territorio ha rischiato di degenerare in fatti drammatici.

Per storia famigliare e per miitanza conosco bene Roma e alcune delle sue periferie popolari. Vi possono mancare molte cose, ma non il buonsenso e il rispetto per se stessi. A Tor Sapienza pochi giorni fa , prima ancora a Torpignattara (dove sono nato) e a Corcolle si è tentato ripetutamente di cavalcare da parte di esponenti della destra il disagio, scegliendo però come via maestra quello della violenza o di una narrazione radicalmente distorta della realtà. Vi sono state fiaccolate e sit-in promosse dai residenti, sempre pacifiche però a cui sono seguiti a distanza di ore raid organizzati di persone incappucciate e violente contro i migranti, sia quelli ospiti delle strutture di accoglienza, sia di altri malcapitati. Il buonsenso e il rispetto per se stessi ha portato la cittadinanza a essere estranea a questi episodi. Un conto è manifestare pacificamente, anche con parole d’ordine sbagliate, altro è passare ai fatti cercando di colpire “il nemico”. Questo lo scenario attuale, diverso in parte da come ci viene raccontanto, nel quale da una parte questo ci sono alcuni cittadini a manifestare chiedendo servizi e vivibilità per i loro quartieri, cercando il dialogo con le istituzioni, dall’altra bande organizzate di violenti, che provano a sfruttare la situazione.

Si presentano quindi tre ordini di problemi. Uno di ordine pubblico, è infatti intollerabile che avvengano azioni squadriste contro chiunque, si pone quindi una questione di legalità. Uno di disagio sociale al quale gli amministratori tentano di rispondere con le scarse risorse finanziarie a disposizione e rispetto al quale anche i Governi passati avrebbero dovuto guardare con maggior riguardo trattandosi di Roma. Una città con le periferie più estese e popolose d’Italia e fatto non trascurabile anche capitale della Repubblica, ovvero la vetrina più importante del nostro Paese agli occhi del mondo. Il terzo problema è di ordine politico quindi. Serve una stategia di intervento che isoli i violenti e denunci la strumentalizzazione da parte di alcuni personaggi e forze politiche per evitare che alcuni episodi finora circoscritti divengano un modus operandi sistematico su cui costruire un radicamento sociale finora inesistente e parolaio. Serve un nuovo patto di cittadinanza fra “vecchi e nuovi” cittadini per cercare risposte reali a problemi condivisi e che marginalizzi chi oggi vuole rifarsi una verginità politica avendo fino a ieri avendo governato il Paese o Roma e determinato le condizioni di disagio attuali con scelte politiche precise in sfregio ai problemi già esistenti e scegliendo di non ivestire quando e dove serviva in ossequio allo slogan di “Roma ladrona”. Una situazione di tensione, potenzialmente esplosiva  che dovrebbe richiamare tutte le forze politiche responsabili a un impegno comune finalizzato ad avere una dialogo e aperto alla città. Un confronto che anche su posizioni diverse, si svolga dentro il perimetro della civiltà e nel merito, solo cosi si può realisticamente pensare di isolare quelle forze che immaginano Roma come un campo di battaglia e di conquista.


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