Forse ciò che dice Noam Chomsky (Creare il problema e poi offrire la soluzione. Questo metodo è anche chiamato “problema – reazione – soluzione”. Si crea un problema, una “situazione” che produrrà una determinata reazione nel pubblico in modo che sia questa la ragione delle misure che si desiderano far accettare. Ad esempio: lasciare che dilaghi o si intensifichi la violenza urbana, oppure organizzare attentati sanguinosi per fare in modo che sia il pubblico a pretendere le leggi sulla sicurezza e le politiche a discapito delle libertà. Oppure: creare una crisi economica per far accettare come male necessario la diminuzione dei diritti sociali e lo smantellamento dei servizi pubblici.) e Naomi Klein
(teoria dello shock economico: bisogna creare nella popolazione un senso continuo d’insicurezza e di stress psicologico, tale che diventi accettabile qualsiasi decisione politica ed economica), sta avvenendo. Poi, non volendo essere complottisti e/o sommamente dietrologi, e guardando a ciò che avviene, non è possibile ignorare i cambiamenti che avvengono nel nostro quotidiano, anche tenendo all’oscuro i più, meno avvezzi e/o preparati, essendo questioni molto tecniche ma molto quotidiane.
Non scriverò in merito a questioni inerenti a lavoro e diritto a questo, anche se in questi giorni, si tenta di far passare l’idea che una regressione di più di un secolo in campo di diritti inerenti al lavoro, sia un innovazione per rilanciare un economia morente, non considerando che precarizzazione estrema e salari bassi non fanno ripartire un mercato interno. Mi occuperò invece di qualcosa di più inerente alla mia attività di professionista nelle telecomunicazioni ed ICT, da ormai più di due decenni, e che impattano sul quotidiano di tutti, cercando di fuggire il più possibile termini tecnici, e spiegando quelli necessari.
Parliamo di internet e di una serie di problemi ad essa collegati.
Ebbene da qualche anno c’è il tentativo di distruggere la neutralità della rete, da parte dei grossi operatori di telecomunicazione, chiedendo di diversificare l’offerta commerciale in base alla fruizione dei servizi (mail, navigazione web, tv, video on demand eccetera), cercando di far passare l’idea che i grandi operatori dei servizi telefonici, del mobile e del fisso, vengano fortemente penalizzanti nei costi dall’incremento di servizi a forte richiesta di connettività.
E’ un po’, come se l’utilizzo dell’acqua, che ci arriva tramite l’acquedotto, subisse differenziazioni di prezzo a seconda se la utilizzassimo per lavarci i denti o cuocere la pasta.
A livello nazionale, assistiamo a un percorso in tale direzione da parte dei nostri operatori, a partire dall’incumbent Telecom Italia, che per primo ha iniziato a scardinare la neutralità della rete con la richiesta all’Agcom di effettuare il depeering, ovvero quel servizio di scambio dati paritario tra operatori, senza costi da parte di alcuno, in luoghi deputati quali punti di accesso neutro(NAP).
In Italia ce ne sono diversi, ed altri se ne stanno creando. I più importanti sono il MIX di Milano ed il Namex di Roma.
Ciò comporta, di fatto, la trasformazione di internet, in servizio legato alle possibilità economiche dell’individuo, cosa assolutamente inaccettabile. Inoltre una gravissimo attentato alla libertà imprenditoriale, in quanto un piccolo operatore, avrà scarse possibilità di accordi per interconnettere la propria rete a quella di un grosso operatore, se non a costi elevati. Sarà quindi destinato a morire, causa scadimento della qualità dei propri servizi, se non cessazione. Ciò comporterà una forte riduzione della pluralità dell’offerta, con l’alto rischio di creazione di oligopoli e/o cartelli, e conseguente aumento dei prezzi dei servizi ed abbassamento della qualità.
Se a ciò aggiungiamo che i grandi operatori di telecomunicazioni, italiani e non, fanno parte di quei gruppi di pressione che stanno lavorando da tempo a Bruxelles, possiamo comprendere quale sia il pericolo anche sul fronte della libertà di espressione e di accesso alla rete Internet.
Pensate solo alle conseguenze per la diffusione delle idee derivanti da una rete Internet basata su accordi bilaterali tra operatori, e come la fruibilità di queste idee sarebbe condizionata dal tipo di accordi che l’operatore di accesso ha con gli altri operatori. Pensate quale iattura sarebbe questa situazione legata, per esempio, a una campagna elettorale.
L’argomentazione da parte dei grossi operatori, è che tutto ciò deriva dalla notevole richiesta di banda di connessione. Per confutare questa tesi è sufficiente confrontare il fatturato degli operatori di telecomunicazioni con quelli dei fornitori di servizi a grandi utilizzo di banda d’accesso (tv, video on demand eccetera), per accorgersi che i primi sono di gran lunga superiori a quelli dei secondi (un fatturato, di solito, dieci volte superiore).
Se poi qualcuno volesse analizzare la problematica delle tasse, dovrebbe constatare che il numero maggiore di attori, sia nei sistemi di trasporto delle informazioni che nel settore della produzione di contenuti, agevola il mantenimento nel nostro Paese della tassazione sul reddito, consente una più facile lotta all’elusione fiscale del reddito e agevola la crescita di posti di lavoro sul suolo nazionale.
Tra l’altro, voci non confermate riportano di un interesse e di trattative già in corso tra il colosso Mediaset e Telecom Italia per l’acquisizione di quest’ultima da parte della prima. Ebbene, dal mio punto di vista questo andrebbe esattamente nella direzione opposta a quella della neutralità della rete, perché si avrebbe un conglomerato molto forte ed escludente nei confronti di operatori sia d’accesso sia di contenuti. Cito il più grande, la Rai, fino a scendere a tutte le televisioni e le radio private, che, essendo l’incumbent proprietà di un altro produttore di contenuti, chiaramente avrebbero dei problemi.
Una coincidenza che mette altrettanto in allarme è la quotazione di Rai Way. Ne parliamo perché le postazioni di antenne valgono sia per le televisioni e le radio che per gli operatori del mobile e del wi-fi, che in grande misura aderiscono alla nostra associazione. I nostri associati hanno coperto più del 20 per cento dei comuni italiani.
Questa quotazione, fatta per offerta pubblica iniziale (IPO) o, qualora non si raggiungesse il 49 per cento, per trattativa privata senza esclusioni, avviene contemporaneamente a un’attività di acquisizione molto forte, da parte della società Ei Towers del gruppo Mediaset,di molte aziende che hanno postazioni in Italia.
Questa coincidenza ci inquieta molto, anche perché, se ci fosse una partecipazione all’interno di Rai Way, visto che le postazioni radiotelevisive sono giustamente limitate per gli impatti ambientali, artistici, di paesaggio e di salute, di fatto si creerebbe una situazione di monopolio insostenibile. E che oltre agli evidenti impatti sulla concorrenza, sarebbe un rischio manifesto per la indipendenza e libertà di informazione, visto che il proprietario della maggior parte della rete potrebbe inibire l’accesso ad informazioni.
A livello nazionale, sempre, per non farci mancar nulla, e quasi non ci fossero già abbastanza leggi sull’argomento, ecco un ulteriore legge sulla diffamazione a mezzo stampa e, a seguito di un emendamento, anche per le testate on line (Forse anche i blog, visto l’impianto della legge? Aspetto un chiarimento da qualche giurista!), con l’unica cosa positiva l’eliminazione del carcere per i giornalisti, rispetto alla precedente legge, il resto con l’inserimento in multe salatissime.
E dulcis in fundo, TTIP, (Transatlantic Trade and Investment Partnership), Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti, ed al di là di ciò che dice la pubblicità di mamma RAI, e la incondizionata adesione del nostro esecutivo, che, da voci, parrebbe volerlo far approvare entro il semestre di presidenza italiana della UE, che al di là del libero scambio tra Europa e Stati Uniti, quindi normative commerciali, nasconderebbe tutta una serie di cessioni di sovranità da parte dei parlamenti nazionali, in campo di diritti individuali, sull’altare di una armonizzazione delle rispettive legislazioni, europee e statunitensi. Sicuramente verso il basso, visto che le tutele individuali europee sono di livello più elevato di quelle statunitensi.
Chi ci salverà da questa carneficina di diritti, questa massificazione delle possibilità individuali?
Forse il ritorno ad una politica, vera e ricominci ad occuparsi dei bisogni, delle esigenze dei cittadini. Che veda gli individui come parte di una comunità, che possa evolversi ed emanciparsi, anche individualmente, dando ad ognuno pari possibilità.