Io c’ero. Partii da Milano con martello e scalpellino (erano altri tempi) per andare a procurarmi il primo pezzo del muro DDR alla porta Brandeburgo. Quel muro dipinto giallino maionese era vergine: manco l’ombra di un minuscolo graffito e per di più era pure protetto da transenne! Sopra, h24, ci camminavano i soldati. Il primo giorno della mia Berlino est percorsi quell’Unter den Linden un casino di volte, ma ogni volta sotto quel muro un soldato mi allontanava. Nella notte finalmente gliela feci: mi presi quel mozzicone di cemento giallino maionese alla faccia di quei soldati che mi espulsero dal Checkpoint Charlie di cinefila memoria (e dire che ero già riuscita a superare un po’ di porte) diffidandomi formalmente dal fare la furba nel tentare di passare di là! Sì, vero era che il muro era crollato il 9 novembre 1989, ma vero era pure che lo straniero che aveva ottenuto il visto per entrare a est a ovest non ci poteva andare!
E poi fu la mezzanotte del 31 dicembre 1989. Anche quel muro giallino crollò abbattendosi a ovest e noi tutti (ero tra i primi a farmi stampare quel visto verde tiè!) passammo di là dove c’era albero di Natale gigantesco, miliardi di cocci di spumante (ma pure di champagne) sparsi ovunque, suoni, musica e colori, parti di muro e suoi calcinacci completamene soffocati da graffiti… Ma quanto eravamo tutti felici quella notte?! Milioni e milioni di botti sparati in cielo fino all’alba, baci, abbracci, lacrime, balli, canti: tripudio caleidoscopio di vita, vita uguale per tutti! E poi furono altri muri ancora più alti. E poi furono botti solo di guerre sempre più feroci. E poi furono i nostri figli che nel giorno del 25ennio “del crollo del muro” fanno fatica a capire perché noi fummo così felici… Come dare loro torto, stante ciò che NON siamo stati capaci d’insegnare loro?