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Torna il giornalismo investigativo di “Report”

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In tempi di tagli ai budget e svendita dei gioielli di famiglia, la Rai, per fortuna, continua a sfornare programmi di qualità. Dopo le quattro ottime puntate di “Presa diretta”, che hanno raccontato pezzi importanti della crisi economica, sociale e culturale del nostro paese, Domenica 5 ottobre dalle 21.45 su Rai Tre, riprende Report, e lo fa con due inchieste forti, che vanno a scavare nelle (cattive) pratiche alimentari della nostra ristorazione, ma anche nella filiera dei controlli sui dispositivi medici più sensibili.

“Non bruciamoci la pizza”, l’inchiesta di Bernardo Iovene, potrebbe intitolarsi tranquillamente “Non bruciamo il patrimonio nazionale”. Perché Iovene ci spiega come il prodotto italiano più diffuso al mondo spesso non è digeribile, il forno si pulisce raramente, tra fumi e farina bruciata, la pizza può contenere elementi cancerogeni. E persino le scatole da asporto talvolta non sono in regola. Lo dimostrano una serie di test effettuati in un laboratorio specializzato in idrocarburi negli alimenti.

Ma Report non si ferma a scovare le magagne: da voce ai produttori virtuosi e insegna a riconoscere la pizza buona e sana, visto che la differenza rispetto a una cotta male e condita con prodotti di scarsa qualità, è di appena 40 centesimi.

Anche più inquietante è “Il danno e la beffa”, l’ottimo lavoro di Sigfrido Ranucci che, con Aldo Ciccolella, ha scavato nelle nebbie dei controlli sui dispositivi sanitari.

In Italia ci sono 700 mila portatori di pacemaker. Ogni anno altri 60 mila nuovi pazienti si sottopongono all’impianto Ma chi certifica che pacemaker, neurostimolatori o defibrillatori siano sicuri? E quali sono gli enti e le istituzioni che rilasciano il marchio di conformità CE, quello per capirci che ci dice “state tranquilli”? L’istituto Superiore di Sanità è l’unico organismo in Italia notificato per questa certificazione, che può essere emessa solo dopo che i dispositivi superano severi test di laboratorio.
Report è entrato per la prima volta nei laboratori dell’ Istituto, e ha potuto riprendere in esclusiva macchinari rotti, vecchi e inutilizzati. Dalla documentazione raccolta, emerge anche che già dal 2010 l’Istituto Superiore di Sanità è a conoscenza che il laboratorio non funziona, eppure, continua a rilasciare certificazioni senza aver fatto i test prescritti dalla legge. Il Ministero della Salute dovrebbe vigilare sull’Istituto, ma dice di non saperne nulla.
E, oltre al danno, per le aziende che affidano all’Istituto i loro dispositivi e confidano nelle sue verifiche, il Ministero che paga, e, soprattutto, per i malati ai quali vengono impiantati i pacemaker, Ranucci ci svela che, per questi ultimi c’è anche la beffa di non vedersi riconosciuti come vittime, quando un dispositivo non controllato a dovere provoca disabilità o persino la morte.
Due inchieste che dimostrano ancora una volta come possano coniugarsi la missione del sano giornalismo con l’impegno del Servizio pubblico, che la Rai, quando vuole, sa assolvere egregiamente.

www.report.rai.it


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