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Terzo libro bianco del razzismo in Italia: la maggior parte dei casi si è verificata nell’ambito dell’informazione

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Il razzismo in Italia negli ultimi tre anni. Raccontarlo non è un’impresa semplice: il contesto politico e socio-economico, il modo di fare informazione, i dati su violenze e discriminazione e i casi di specie; sono tanti gli elementi raccolti dal Terzo libro bianco sul razzismo curato da Lunaria. Un lavoro reso possibile dal costante monitoraggio dei media e delle tendenze sociali italiane.

I DATI. Tra il primo settembre 2011 e il 31 luglio 2014 Cronache di ordinario razzismo ha rilevato 2566 casi di razzismo. Rientrano tra questi le violenze razziste verbali – scritte o orali, quelle fisiche, i danni contro proprietà o cose e le discriminazioni, le discriminazioni – tra le quali rientrano anche le ordinanze. I casi sono aumentati di anno in anno: 511 nel 2012, 901 nel 2013, 998 nei primi sette mesi del 2014. Il movente più frequente è stato rinvenuto nelle origini nazionali o etniche, seguito da quello dei tratti somatici, poi dall’appartenenza religiosa e solo in ultimo dalle pratiche culturali.

Tra i casi riscontrati di violenza razzista e discriminazione, la maggior parte si è verificata nell’ambito dell’informazione (767), subito dopo in quello della vita pubblica (727) e in quello dei rapporti con le istituzioni (306). Nel solo settore dell’informazione si è passati dai 128 casi del 2012 ai 317 del 2014.

Cronache di ordinario razzismo individua negli attori istituzionali i principali autori di atti razzisti e discriminatori (1063 casi). A seguire i singoli individui, a cui è riconosciuta la responsabilità di 504 casi e gli operatori dei media a cui ne sono imputati 399.

I bersagli più frequenti sono i rom, seguiti da musulmani e ebrei.

I MEDIA. Una fetta consistente del rapporto è dedicata proprio ai media e a come questi possano diventare veicolo di messaggi razzisti. «La stampa, che non rispetta le regole più basilari della deontologia professionale, ha potuto continuare il suo lavoro», scrive Lunaria nell’introduzione, per arrivare a evidenziare poi, nell’analisi, come la stigmatizzazione resti un atteggiamento protagonista nei contenuti pubblicati dalle testate.

Dalla nazionalità, enfatizzata quando a commettere un crimine è uno straniero – mentre non lo è quando lo straniero rappresenta la vittima – alla terminologia usata per definire i rifugiati, i quali, anche quando non sono chiamati “clandestini”, sono presentati come vittime, disperati, come “non persone” (citando Alessandro Dal Lago). Non sono questi gli unici aspetti osservati da Lunaria, che riflette anche sulla manipolazione dei dati e su come il ricorso a un linguaggio e a toni allarmistici ed emergenziali rafforzino quel muro invisibile che separa noi e loro, i cui mattoni sono composti da stereotipi e paura.

Qualche segnale incoraggiante, tuttavia, c’è: ne rappresentano un esempio l’attenzione che la stampa ha rivolto allo sfruttamento dei lavoratori migranti o alle condizioni di trattenimento all’interno dei Centri di identificazione ed espulsione. «L’informazione mediatica è ancora ampiamente sbilanciata – si legge nel libro – ma i cambiamenti avvengono in modo graduale e il fatto che alcune situazioni escano dai territori ed entrino, pur se soltanto in modo saltuario, nei media nazionali, è un segno positivo».

Gli autori ripercorrono inoltre una serie di casi particolarmente rilevanti. Gli hate speech sul web, i quali trovano sempre più spazio anche sulle testate telematiche; il caso di Cortinassa, esempio di violenza generata in seguito alla diffusione di una falsa notizia; i racconti stereotipati intorno all’omicidio di Kaur Balwinder; la visita del Papa a Lampedusa e l’atteggiamento avuto, in tale occasione, dai media; la leggenda dei rom rapitori di bambini, tuttora sfruttata dalla testate; le inchieste nei Cie.

Il Terzo libro bianco sul razzismo in Italia è disponibile qui.

Da cartadiroma.org


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