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Salviamo la madre

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“Tra i tanti processi di privatizzazione dei servizi pubblici in corso, quello dell’accesso all’acqua è il più criminale,” ha scritto l’attivista R. Lessio nel suo libro All’ombra dell’acqua. “Un progetto folle a cui possono credere solo persone profondamente malate , ammalate del nulla.” E in questo paese sono tante le persone  ‘ammalate del nulla’, che spingono di nuovo l’Italia verso la privatizzazione dell’acqua. E questo nonostante il Referendum (11-12 giugno 2011), quando 26 milioni di italiani hanno sancito che l’acqua deve essere tolta dal mercato e che non si può fare profitto su un bene così fondamentale .

A tutt’oggi il Parlamento italiano è stato incapace di rispondere a questa decisione popolare con un’appropriata legislazione. Eppure lo scorso anno 200 deputati hanno preparato un disegno di legge che non si riesce a far discutere in Parlamento. La ragione è che il governo Renzi sta perseguendo una devastante politica di privatizzazioni. Con “Sblocca Italia” e la “Legge di Stabilità”, Renzi offrirà incentivi agli enti locali che privatizzano i servizi pubblici. E’ il tradimento del Referendum!

Il governatore della Campania Caldoro ha fiutato bene questo clima e il 31 luglio ha fatto votare al Consiglio Regionale la finanziaria con due maxi-emendamenti: uno, sul condono edilizio e l’altro sulla privatizzazione dell’acqua. La Regione Campania affida così alle società operanti sul territorio, soprattutto alla GORI, non solo la gestione e distribuzione dell’acqua, ma anche la captazione  e l’adduzione alla fonte. Per di più Caldoro ha deciso di costituire presso la giunta una Struttura di missione con grandi poteri sulla gestione dei servizi idrici, togliendoli agli enti locali.

Abbiamo reagito con forza come comitati acqua della Campania con una vivace campagna mediatica. Anche il governo ha impugnato il maxi-emendamento perché in contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia. “Troveremo un’intesa con il governo”, ha replicato Caldoro, che è deciso a procedere sulla via della privatizzazione.  Tutto questo mette in pericolo l’ABC (Acqua Bene Comune) di Napoli , un comune che è passato da una gestione  SPA ad un’Azienda Speciale, uno strumento che non permette di fare profitti.

Napoli è l’unica grande città in Italia che ha obbedito al Referendum ed ha dimostrato che si possono gestire i servizi idrici con un’Azienda Speciale. Lo sbaglio del sindaco De Magistris è stato che, nonostante le pressioni dei comitati, non ha “ messo in sicurezza”l’ABC . Così anche l’acqua di Napoli potrebbe capitolare alla spinta privatizzatrice di Caldoro. A raccogliere i frutti di questa operazione di Caldoro sarà l’ACEA (Roma) di Caltagirone che si sta espandendo in Toscana e ora tenta di prendersi l’acqua del Meridione. L’ACEA detiene il 37% delle azioni della GORI , che ha una gestione molto contestata di 76 comuni dell’area vesuviana.

Al Nord sono in atto  le stesse manovre di unificazione fra IREN (Torino-Genova) e A2a (Milano –Brescia) a cui guarda con interesse HERA (Emilia Romagna). Rischiamo così di avere  una grande multiutility, che gestirà l’acqua del Nord. Quello che sta avvenendo sotto i nostri occhi è di una gravità estrema. E’ la negazione del Referendum. Davanti a questo scenario, mi viene spontaneo chiedermi:”Dov’è il grande movimento dell’acqua ? Dove sono i 26 milioni di italiani che tre anni fa hanno votato per la ripublicizzazione dell’acqua? Ma soprattutto dov’è la chiesa italiana, le chiese, le comunità cristiane su un tema così fondamentale come l’acqua, la Madre di tutta la vita sul pianeta Terra?” La chiesa si batte contro l’aborto, l’eutanasia e la pena di morte in nome del ‘Vangelo della Vita’, così deve oggi battersi per il diritto all’acqua come  ‘diritto alla vita’ come afferma la teologa americana Christiana Peppard nel suo volume Just Water.

E’ questo il tempo opportuno  per credenti e non , per riprendere con forza l’impegno per proclamare l’acqua  diritto fondamentale umano. Per questo chiedo a tutto il movimento per l’acqua pubblica di ricompattarsi e di rimettersi insieme sia a livello locale, regionale , nazionale ed europeo. Mettiamo da parte  rancori e scontri e continuiamo a camminare insieme! A livello regionale dobbiamo contrastare la spinta alla privatizzazione dell’acqua e opporci alle multiutilities.

A livello nazionale, dobbiamo fare pressione sul  Parlamento italiano perché discuta subito la Legge sull’acqua , firmata da 200 parlamentari . E’ possibile che il movimento Acqua del Lazio si impegni a dei “sit-in” davanti a Montecitorio?Dobbiamo batterci contro le politiche del Governo Renzi contenute in  “Sblocca Italia” e nella “Legge di Stabilità”, che spingeranno i Comuni a privatizzare  i servizi pubblici .
A livello europeo, dobbiamo fare pressione sui parlamentari a Bruxelles, perché boccino il “Piano Acqua Europa 2027”, noto come “Water Blueprint” e contestino la Commissione Europea che si è rifiutata di prendere in considerazione l’iniziativa dell’ICE (Iniziativa dei cittadini europei ) sull’acqua ,che ha ottenuto oltre un milione e mezzo di firme in sette paesi.
A livello internazionale continuiamo a sostenere come movimento Acqua , il vasto movimento contro il T-TIP(Partenariato Transatlantico per gli Investimenti e il Commercio tra USA e UE ) e il TISA (Trattato sui servizi pubblici  sotto l’egida del WTO), che spingono verso la privatizzazione di tutti i servizi pubblici .

Infine , in un momento così grave, chiediamo alla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) di dichiarare che l’acqua è un diritto fondamentale , invitando tutte le comunità cristiane a impegnarsi a fianco del movimento per l’Acqua pubblica in Italia e a scrivere una lettera come quella del vescovo cileno  Luis Infanti della Mora:”Dacci oggi la nostra Acqua  Quotidiana “. ”La crescente politica di privatizzazione è moralmente inaccettabile –scrive il vescovo Luis Infanti (che con il suo popolo ha impedito che  l’ENEL  costruisse 5 dighe in Patagonia)-quando cerca di impadronirsi di elementi così vitali come l’acqua, creando una nuova categoria:gli esclusi! Alcune multinazionali che cercano di impadronirsi di alcuni beni della natura, e sopratutto dell’acqua, possono essere legalmente padrone di questi beni e dei relativi diritti, ma non sono eticamente proprietarie di un bene dal quale dipende la vita dell’umanità. E’ un’ingiustizia istituzionalizzata che crea ulteriore fame e povertà, facendo sì che la natura sia la più sacrificata e che la specie più minacciata sia quella umana, i più poveri in particolare.”


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