C’è un Pasolini politico, saggista e poeta che spesso viene dimenticato. Un Pasolini che difende la Costituzione, si pone i problemi del lavoro e dell’ambiente. E’ quello che nell’estate del 1974 interviene alla festa dell’Unità di Milano e parla della crisi, del pericolo che un giorno arrivi una recessione devastante che farebbe regredire non solo l’economia ma anche la democrazia. E’ questo il Pasolini che è andato in scena la sera del 20 ottobre al teatro Quirino davanti ad una platea di eccellenza per qualità e quantità. “Dimmi Pierpà” è un lavoro di Claudio Pierantoni che veste anche i panni di attore e interprete principale e che, dopo una breve sequenza audiovisiva, si lancia in un monologo appassionato per fare sentire “quanto mi manchi Pierpà”. Un percorso che va avanti e indietro nel tempo, con il susseguirsi delle invocazioni “Se tu sapessi, Pierpà… “ con un lungo elenco: della Costituzione violata, del lavoro che non c’è, della crisi.
Emerge così il Pasolini vate, che con quaranta anni di anticipo aveva intuito molte delle tragedie che abbiamo sotto i nostri occhi. Le visioni degli immigrati che sbarcano dall’Africa di “Alì dagli occhi azzurri”, la devastazione dell’ambiente , il difficile rapporto fra sviluppo e progresso ne “l’articolo delle lucciole” e così dicendo in una sequenza che, nella seconda parte dello spettacolo, diventa un intreccio di brani recitati con perizia dallo stesso Pierantoni e da due suoi allievi, Marco Santini e Valeria Di Giorgio. Si susseguono estratti da “lettere luterane”, “le ceneri di Gramsci”, “Teorema”,” l’usignolo della chiesa cattolica” e altri ancora. Una somma della poetica pasoliniana. Letture interpretate con timbro e ritmo incalzanti, inframmezzate da due selezioni dell’ultimo e del primo film di Pasolini, Salò e Accattone.
Che il taglio dello spettacolo fosse fortemente politico lo dimostra anche la platea del Quirino che, fra tantissimi spettatori, ha visto la presenza di numerosi parlamentari gran parte di sinistra: Nichi Vendola, Stefano Fassina, Laura Puppato, Vincenzo Vita, Loredana de Petris, i grillini Massimo de Rosa e Patrizia Terzoni. Ma in sala c’era anche il comitato per la difesa della Costituzione, Valerio Savio di magistratura democratica, l’avvocato Guido Calvi, e il pool di legali che ha seguito il caso, e poi l’ANPI, la fondazione Gramsci, la Cgil, molti esponenti del mondo ambientalista. Una voglia di affermare la vivacità del Pasolini politico e la stringente attualità dei temi che solleva.
Infine, c’è la vicenda giudiziaria con la riapertura del caso alcuni anni fa ma con l’inchiesta sostanzialmente ferma. “Si potrebbe fare molto con le nuove tecniche di indagine” commentano i legali alla fine dello spettacolo. Il reo confesso dell’omicidio, Pino Pelosi, quando uscì dal carcere dopo aver scontato la pena dichiarò che non era solo quando Pasolini fu ucciso. Una verità che molti, all’epoca, sostennero ma che non fu possibile provare in sede di giudizio. Quello di Pasolini è un caso ancora aperto, così come la visione politica di Pasolini e la sua passione per la democrazia sono ancora vive.