Papa Francesco e le divisioni del Sinodo

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Andreotti racconta che in una visita che fece a Papa Roncalli ebbe a dirgli: “Santità Lei non conosce la curia”. Papa Bergoglio, in occasione di questo sinodo sulla famiglia, ha forse potuto constatare che se non è facile governare la curia romana, ci sono anche le resistenze di una curia internazionale. Resistenze e critiche “anche prive di discrezione” come ebbe a notare Roncalli in apertura di Concilio e che, cinquant’ anni dalla fine di quel grande evento, i “profeti di sventure” sono ancora presenti, attivi, a volte sfacciati fino all’ impudenza.

Fin che si trattava di ossequi rituali al Santo Padre, generosissimi. Quando questi ha toccato alcuni problemi delicati ecco subito scattare resistenze, barriere, siluri. Qualche Padre sinodale ha tentato di portare nel campo delle proprie resistenze anche il Papa emerito e non possiamo che guardare con grandissimo rispetto all’ intelligenza di Benedetto XVI che non solo non ha accettato neanche per un momento che qualcuno potesse illudersi di usarlo per i suoi scopi, ma che ha anche ricordato che dopo le sue dimissioni è “cum Petrus, sub Petrus”.

Ci sono Cardinali e vescovi che in questi ultimi decenni hanno combinato di tutto, chiuso gli occhi su molto. Speculazioni finanziarie (IOR e altro), pedofilia. Appartamenti cardinalizi restaurati in modo principesco, diocesi gettate nel tracollo finanziario, palazzi patriarcali restaurati con appartamenti dotati perfino di idromassaggi Jacuzzi, casi di finanziamenti ricevuti per somme ingenti da istituzioni oggetto di pesanti indagini giudiziarie. Ovviamente molti, e questo va continuamente ricordato, sono i vescovi e i cardinali eccellenti, autorevoli, dalla vita esemplare, testimonianza di una fede forte, sentita, comunicata. Ci sono preti, vescovi, lo stesso Santo padre, minacciati. Non lo sarebbero se invece che al servizio di Dio, fossero al servizio del potere. Questo, ovviamente, non lo possiamo né vogliamo dimenticare, come non vogliamo tacere la nostra solidarietà con le loro battaglie al servizio della giustizia, dei diritti umani, delle persone.

Colpisce che in questa sessione del Sinodo voluto da Papa Francesco per toccare un problema complesso come quello della famiglia molti, per difendere le loro tesi, abbiano sentito l’ esigenza di avvalorarle andando, a loro parere, alle fonti originarie del loro credo religioso. Per fortuna la discussione è stata vivace, a volte tesa,  non si è conclusa con anatemi, ma è stata lasciata aperta a necessari, utili approfondimenti che avverranno nel corso del prossimo anno. Nessuna soluzione di facciata, ma consapevolezza della complessità del problema, della diversità in cui questo si pone in diverse parti del nostro mondo attraversato da una transizione così veloce, così diseguale, così contradditoria.

Il problema della famiglia è un problema delicatissimo, che ha attraversato secoli, aree geografiche e culturali, esperienze e tradizioni storiche che riguardano tutte le religioni, tutti i paesi. Anche con ricorso a pratiche barbariche. Pensiamo alla lapidazione quando la violazione di regole tribali destabilizzava la vita sociale di piccole comunità umane. Pratica, disgraziatamente protrattasi poi nel tempo ed estesasi a società ampie e consolidate in nazioni. In altre Paesi, religioni autorevoli e dalla lunga storia prevedono fino a quattro mogli; in altri casi e in altre aree i matrimoni vengono combinati dalla famiglia prima ancora che i figli siano cresciuti. Questo per dire che il cosiddetto rapporto coniugale è sempre stato problematico, ha risposto nel bene e nel male, a esigenze di società diverse nel tempo e nello spazio. La forma famiglia è anche funzionale, non solo a credenze sociale, ma ad esigenze sociali. Quando nei secoli passati alcune religioni prevedevano che in caso di morte del marito, la moglie del defunto si aggiungesse alla moglie o alle mogli del fratello, metteva un carico pesante, ma rispondeva a uno scopo, quello di salvaguardare la vedova e i figli, rimasti orfani di padre.

Per quanto riguarda il matrimonio la Chiesa cattolica rappresenta un notevole salto di qualità anche civile. In tempi in cui i matrimoni venivano combinati, le future mogli vendute, considerate prede di guerra, le coppie soggette alla sopraffazione dei potenti (basti pensare ai Promessi sposi di Alessandro Manzoni), dire: “l’ uomo non separi ciò che Dio ha unito” rappresenta un atto di coraggio che tra l’ altro non tutti hanno avuto il coraggio di esercitare (don Abbondio, ne è la prova provata).

Resta da capire, e valutare, cosa vuol dire “ciò che Dio ha unito”. Sono due persone che si sono presentate davanti a un sacerdote e hanno contratto un matrimonio religioso? E’ il rito ciò che decide e conclude? Anche. Ma non è qui il nocciolo della questione. E se, alla prova dei fatti, si rendono conto che quello che sembrava essere un amore forte, benedetto da Dio, non regge alla realtà dei fatti, che il disegno di dio era stato frainteso? Se uno, come capita spesso nella vita, si accorge di aver capito male i propri sentimenti o quelli dell’ altro? Se, dati dei presupposti non solidi come si era immaginato, stare insieme vuol dire farsi del male a vicenda? Far star male i figli? Cosa si può rispondere? Anni fa ti sei presentato davanti a un sacerdote per sposarti e ora resti nei guai?

Anche la risposta a questa domanda resta alla riflessione aperta, franca dei Padri sinodali.

Anche per questo siamo grati a Papa Francesco per aver accettato la problematicità dell’ esperienza umana, delle condizioni della vita umana, nella consapevolezza che Dio non ha finito di sorprendere i suoi figli e che, per chi è credente, lo Spirito santo non è una comparsa di comodo.


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