“…Amici e famigliari, il mio vero nome è Maria del Rosario Fuentes Rubio, sono una dottoressa e oggi la mia vita è arrivata al capolinea. Non mi resta altro da dirvi, se non di non commettere lo stesso errore fatto da me, non ci si guadagna niente. Anzi, solo ora mi rendo conto che ho trovato la morte in cambio di nulla. Loro sono più vicini di quanto pensiate…”. Il “messaggio” accompagna una immagine, quella appunto di Maria del Rosario, un corpo senza vita su cui i suoi assassini dopo averla sequestrata, e prima di ucciderla, hanno infierito, violentandola e massacrandola di botte. Gli assassini, per beffa, hanno usato la sua stessa “arma”: qualcuno, violando l’account usato dalla ragazza per le sue denunce, ha diffuso l’immagine, con quel macabro testo.
Mandanti e assassini, con tutta probabilità i narcotrafficanti di Reynosa, città dello stato di Tamaulipas, uno dei più violenti del Messico; e proprio di quella cosca Maria da tempo aveva denunciato violenze, efferatezze, collusioni, protezioni, interessi. Prudente, era prudente. Non firmava i suoi articoli, le notizie di cui veniva a conoscenza venivano diffuse tramite un account di twitter, usando uno pseudonimo, “Felina”, e poi rilanciate da un quotidiano on line, il “Valor de Tamaulipas”. Forse un’imprudenza, forse tradita da qualcuno che aveva carpito la sua fiducia, forse una notizia di troppo su qualcuno che gliel’ha giurata… Fatto è che un altro cartello di narcotrafficanti, quello di Guadalajara aveva messo una taglia di tre milioni di pesos messicani su Maria e sugli “amministratori” del “Valor” che per ragioni di sicurezza sono anonimi. Era stata minacciata direttamente, Maria, da settimane aveva detto ai suoi colleghi di sentirsi minacciata; invano la famiglia della ragazza l’aveva implorata di lasciare il paese. Lei si era rifiutata, e continuava, caparbia, a denunciare i narcotrafficanti che vedeva farla da padroni nella sua città. L’altro giorno uno squadrone della morte dei narcos l’ha sequestrata, e messa a tacere per sempre.