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Libertà religiosa: una urgenza democratica

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di Vannino Chiti

Come sottolinea il senatore Chiti, presidente della Commissione permanente sulle Politiche dell’Unione europea, il Parlamento eletto in questa legislatura non sembra porre il tema della libertà religiosa tra le sue priorità, ma si tratta di questioni fondamentali per tutelare e rafforzare la democrazia, i diritti dei cittadini e la coesione sociale. Un’Intesa aiuterebbe anche a creare un «islam italiano».

La legge sulla libertà religiosa è indispensabile e urgente. Non solo per rafforzare una coerenza democratica, dal momento che è ancora in vigore una legge, quella sui culti ammessi, risalente al periodo della dittatura fascista, ma anche perché da diversi anni in Italia si è ampliato il pluralismo religioso. Sono presenti, oltre agli evangelici e agli ebrei, ortodossi, musulmani, buddhisti, induisti, per restare alle religioni con maggior numero di fedeli (o aderenti). Il tema della libertà religiosa viene ancora sottovalutato dalle forze politiche e rischia di esserlo nello stesso Parlamento eletto in questa legislatura, che non sembra porlo tra le sue priorità. Si tratta di questioni fondamentali per tutelare e rafforzare la democrazia, i diritti dei cittadini, la coesione sociale.

Nella scorsa legislatura è stato portato a termine un lavoro serio per la chiusura di tutte le Intese approvate dai governi con le confessioni religiose. Rimane da ratificare in Parlamento quella con i testimoni di Geova, sulla quale sta scendendo la polvere della disattenzione. Resta da costruire quella con la comunità musulmana. L’intesa con i musulmani non è portata avanti anche a causa delle divisioni e della pluralità di soggetti rappresentativi della comunità. Questa situazione non può rappresentare un alibi: il Ministero dell’Interno deve attivarsi per poter distinguere con chiarezza tra chi usa l’islam per finalità fondamentaliste e chi – ed è la grande maggioranza – vuole invece vivere la propria fede, aderendo compiutamente ai valori dello Stato di diritto. La realizzazione di un’Intesa aiuterebbe anche a creare un «islam italiano». Non possiamo trascurare che ancora oggi, nelle moschee, gli imam parlano in arabo e i finanziamenti provengono quasi sempre da paesi stranieri. In questo quadro, segnato da ombre pesanti, si colloca la questione della legge sulla libertà religiosa: si tratta di dar vita a un provvedimento che sia coerente con quanto stabilisce la Costituzione. Spetta alla politica riconoscere e organizzare uno spazio pubblico al cui interno si muovano liberamente le Chiese cristiane, le altre confessioni religiose, le culture di differente orientamento filosofico. La Costituzione è modellata attorno all’autonomia tra Stato e confessioni religiose: riconosce il valore delle fedi non solo per la vita individuale delle persone, ma per il possibile progresso delle società.

In assenza di una legge quadro, negli anni sono intervenuti la Corte costituzionale e norme internazionali che, secondo parte della dottrina, hanno dato vita ad una vera disciplina vigente. Un’altra parte della dottrina si è posta l’obiettivo di predisporre un testo di legge che contenga principi innovativi, senza naturalmente toccare gli ambiti già disciplinati con Concordato o Intese. Un lavoro preparatorio si sta svolgendo presso la fondazione Astrid: esiste una cabina di regia tra costituzionalisti, rappresentanti dei gruppi parlamentari e Federazione delle Chiese evangeliche.

L’obiettivo deve essere quello di dar vita in tempi rapidi, magari entro l’anno, ad una proposta di legge snella, che fissi i riferimenti cardine per valorizzare il pluralismo religioso, garantire le condizioni per una sua corretta e piena espressione, determinare le forme di rapporto con lo Stato, così da evitare ingerenze autoritarie, arbitri, discriminazioni.

In questi mesi il Parlamento sta discutendo di una riforma costituzionale che superi il bicameralismo paritario. L’obiettivo è giusto. Alcune delle scelte che lo sostengono non sono a mio giudizio condivisibili. Ad esempio, affidare di fatto alla sola Camera temi come la libertà religiosa, i diritti delle minoranze, le leggi eticamente sensibili significa dare in futuro una potenziale esclusività di decisione a chi vince le elezioni. Il rischio è quello di moltiplicare non i fattori di coesione della società, ma i conflitti. È necessario allora che le stesse confessioni religiose si interessino della riforma costituzionale: non riguarda gli addetti ai lavori, il Parlamento o il governo in carica. Riguarda ognuno di noi come cittadini.

Da confronti.net


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