E’ troppo noto perché sia il caso di ripeterlo. Le regioni indiziate per presenza e attività delle associazioni mafiose che hanno sede centrale nel nostro paese si possono enumerare nelle dita di una sola mano: Campa
nia, Puglia ,Calabria e Sicilia. A voler essere più precise possiamo ricordare che sulla penisola vivono(e, a quanto pare, non se la passano male, 62 cosche mafiose, di cui 34 appartengono alla ‘ndrangheta calabrese, 12 aCosa Nostra siciliana, 12 alla camorra campana e 1 della Sacra Corona Unita. Le italiche mafie hanno gestito a Bologna il nuovo aeroporto come la ristrutturazione di Piazza Maggiore. In Italia-per citare un’altra cifra signifi
cativa- si sono registrati l’anno scorso 351 atti intimidatorii che sono per il 66 per cento in più rispetto al 2010. E la presenza mafiosa è stata registrata in diciotto regioni, sessantasette province e duemila comuni. La Puglia-chi l’avrebbe detto ?-ha avuto il record del 21 per cento dei casi censiti contro il 20 per cento della Sicilia e il 19 per cento della Calabria. L’elenco dei casi anche per l’Emilia Romagna, come per le altre regioni del nostro Paese, rischia di esser monotono.
Quattordici arresti in Italia, Austria e Spagna per un traffico di stupefacenti tra Europa e America Latina. Altrettanti per il clan calabrese Mancuso con il seque stro di alcuni milioni di euro e nove arresti tra la provin
cia di Milano, il Vibonese e il Teramano.Con l’operazione
Artù nel 2011 ci sono stati in Emilia Romagna, sei arresti per associazioni a delinquere, riciclaggio ,truffa e falsificazione di titoli di credito, opera di cosche cala
bresi e siciliane. Insomma, si può dire senza timore di sbagliare, che non c’è provincia o zona della regione che sia incontaminata dal nesso tra gioco di azzardo, indebitamento, successiva estorsione e usura. E non manca neppure-come accade quasi sempre per le associazioni mafiose-il traffico di armi dal porto di Ravenna alla Somalia. Peraltro la grande regione del Centro Italia appare nelle classifiche statistiche come la prima per il lavoro nero e la seconda per i cittadini non in regola(o clandestini che dir si voglia).Il settanta per cento degli appalti va a finire in subappalti e ci troviamo di fronte al vero e proprio “miracolo” delle imprese di trasporto che non possiedono nemmeno una bicicletta: sono il trenta per cento della categoria. Quello di Ravenna è il quarto porto in Italia per il riciclaggio del denaro “sporco”.
Se parliamo di stupefacenti, possiamo ricordare che il 34 per cento delle cittadine e dei cittadini della regione fanno uso di cannabis e due piccoli paesi come Bentivoglio e Uzzano sono diventati centri del narco-traffico internazionale. Intanto per la ricostruzione rispetto al terremoto di tre anni fa sono per ora disponibili soltanto il sette per cento delle risorse necessarie.
Quanto al consumo di stupefacenti nella città di Bologna, il picco delle vittime si è registrato nel 2003 con trenta morti ma nel 20013 ce ne sono stati 19 per overdose e 46 ricoveri per sostanze illegali. Di eroina bianca, a quanto pare, fanno uso 2.700 bolognesi. L’età
media dei tossicomani è di trenta anni ma ci sono anche cinquantenni e altri più anziani.
Quanto al gioco d’azzardo in Emilia Romagna, si parla di cento miliardi nel 2013 che equivale al quattro per cento del PIL nazionale e alle dimensioni della terza industria del Paese. Gli italiani, peraltro, spendono più
di diciassette miliardi e mezzo di euro per il gioco di azzardo che di solito-è stato verificato dal punto di vista statistico- nei periodi di crisi economica. Le associazioni mafiose sono molto presenti nel settore con due modelli sperimentati. Il primo è quello della imposizione ai gestori di locali pubblici o privati di installare nei propri spazi apparecchi elettronici di intrattenimento-i cd videogiochi, non necessariamente alterati nel loro funzionamento-pretendendo poi di introitare tutti i relativi ricavi o imponendone la consegna di una larga percentuale. Il secondo è quello della imposizione ai gestori e ai noleggiatori che hanno già ottenuto la licenza per la installazione degli apparecchi elettronici nei loro locali di una tangente più o meno grande sui guadagni. Ad affari di così grandi dimensioni partecipano-hanno verificato gli inquirenti- spesso uomini delle forze dell’ordine e commercialisti.
” L’Italia-è stato detto di recente in un dibattito nelle nostre aule parlamentari- sta diventando la bengodi europea del gioco di azzardo, una fabbrica di illusioni e di disperazione che divora quotidianamente i redditi delle famiglie italiane. Potremmo continuare ma quando si possono leggere le indagini precise su scala regionale di quello che è oggi il rapporto tra mafia, politica e imprenditoria c’è il rischio di essere presi da un’im
pressione di sconforto e di sfiducia rispetto a quel che possiamo fare non tanto come opinione pubblica ma come apparati dello Stato, magistratura,forze dell’ordine, parlamento ed esecutivo contro un nemico potente come quello che abbiamo di fronte.