42 anni fa il giornalista de L’Ora venne ucciso a Ragusa. In libreria una versione aggiornata di “C’erano dei bei cani” che ricostruisce la sua storia e il contesto del delitto Lunedì 27 ottobre, nella ricorrenza del 42mo anniversario dell’assassinio del giornalista Giovanni Spampinato, il corrispondente del giornale L’Ora ucciso a Ragusa nel 1972 a colpi di pistola, torna in libreria in una versione aggiornata il libro che ricostruisce la sua vita e le vicende che portarono alla sua morte. “C’erano bei cani ma molto seri. Storia di mio fratello Giovanni ucciso perché scriveva troppo” uscì per la prima volta nel 2009 e fu presto esaurito. Il nuovo editore Melampo (276 pagine, 15 euro) ha aggiunto a questa ristampa una postfazione nella quale l’autore, il fratello del giornalista ucciso, Alberto, anch’egli giornalista, spiega come è nato questo avvincente racconto che ha il respiro di una storia collettiva e si basa su una sua autonoma inchiesta giornalistica. Questo libro, dice l’Autore, ha certamente contribuito a mettere fine alla ritualità retorica con cui spesso si ricordavano gli undici giornalisti uccisi in Italia a causa del loro lavoro. Più che il libro, spiega Alberto Spampinato, le riflessioni nate intorno a questo libro hanno fatto comprendere che alcuni drammatici problemi, gli stessi che tanti anni fa affliggevano suo fratello e tanti altri giornalisti alle prese con notizie importanti e delicate, sono tutt’altro che risolti nell’era del web e del flusso ininterrotto di informazioni. Intimidazioni, minacce, pressioni indebite, querele pretestuose continuano ad affliggere giornalisti, blogger, fotoreporter, videoreporter che trattano notizie scottanti e anche opinionisti controcorrente. La censura tradizionale non c’è più ma ce n’è una nuova, imposta a forza di pressioni, intimidazioni, minacce e abusi del diritto. Proprio per questo, aggiunge Spampinato, da una costola di questo libro, è nato l’osservatorio sui giornalisti minacciati Ossigeno per l’Informazione. L’osservatorio, dice Alberto Spampinato, che lo ha fondato nel 2008, è il più grande monumento che si potesse dedicare alla memoria di mio fratello. L’osservatorio ha acceso la luce sulle intimidazioni, un fenomeno trascurato dagli stessi giornalisti. L’osservatorio ha assistito molte vittime, le ha aiutate a rompere l’isolamento, ad avere visibilità e solidarietà. Adesso sta invitando anche altri paesi a guardare queste cose con altri occhi e a misurarle con un altro metro.
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Fonte: Ossigeno