In carcere si entra colpevoli, se la giustizia non ha sbagliato, ma si può anzi si dovrebbe uscire innocenti se l’articolo 27 della costituzione fosse rispettato. Ricordiamocelo sempre: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. La prima volta che si entra in carcere, è capitato anche a me quando un anno fa per la prima volta ho incontrato “gli attori” di un film improbabile ancora tutto da inventare, si è travolti nel respiro dall’incombere dei rumori: il rimbombo dei passi nei lunghi e stretti corridoi, lo sbattere dei cancelli di ferro, le chiavi che aprono e chiudono serrature. Molti film insistono e si sviluppano lungo questo clima angosciante. Sono stato alla casa circondariale della Dozza di Bologna diverse settimane, non consecutive, per lasciare che la testa e il cuore si abituassero, e ho scoperto che l’incubo iniziale passa in fretta e presto capisci che in carcere non ci sono detenuti, ma persone. Può il carcere diventare uno spazio di libertà? Non è una provocazione, ma nemmeno una fiction. E’ la domanda che ispira il racconto di quanto accade quotidianamente in una ex palestra trasformata in un officina metalmeccanica, dove lavorano fianco a fianco operai in pensione e detenuti in cella. “Un incontro umano impressionante ” ci ha detto Luigi con forte cadenza bolognese e inseparabile felpa rossa marchiata Fiom. Tre aziende bolognesi, leader nel settore degli imballaggi, esportano oltre l’80 per cento del loro prodotto e qui in carcere hanno esportato il valore etico del lavoro come produttore di coscienza sociale e identità, senso di appartenenza ad un progetto collettivo. Tutto in regola, contratto a tempo indeterminato, bilanci e profitti, assistenza e beneficienza non frequentano l’officina. Questa è la fabbrica dei detenuti dove il tempo di lavoro passa troppo in fretta, dove purtroppo il sabato e la domenica non si lavora, dove agosto, chiuso per ferie, è il mese peggiore, dove a fine giornata metà dei lavoratori esce e l’altra metà sale al piano di sopra. Con Carlo, Donata,Giulio, Simone e Stefano ci siamo presi tutta la libertà possibile: inquadrature, telecamere, linguaggi, musiche. Poche regole, anzi solo una: nessuna scena preparata a tavolino, e se scappa qualcosa perché in quel momento siamo altrove, peccato l’abbiamo persa, ma non si rifà. Sarà il pubblico a dire l’effetto che fa l’officina dei detenuti. Ammetto che dopo aver rivisto il film qualche decina di volte a me trasmette un liberatorio senso di pace. L’ho capito soprattutto dopo aver letto “a cose fatte” i libri dell’amica e ex collega Rai (ma perché?) Francesca De Carolis e in particolare “Urla a bassa voce” dedicato agli ergastolani condannati con il 41 bis al fine pena mai, ad un pena di morte viva, quelli che in una lettera al presidente Napolitano hanno chiesto di essere uccisi, così almeno la “vendetta dello Stato” sarà compiuta e meno dolorosa. Ma l’uomo non è solo quello che ha commesso. E oggi alcuni dei detenuti dell’officina sono usciti e hanno trovato lavoro. Ringrazio il Festival di Roma che ha scelto questo film e che mercoledì pomeriggio ci permetterà di portare sul red carpet “un corteo di evasi” composto da operai, detenuti, musicisti e improvvisati narratori.
* regista di “Meno male è Lunedì”
“MENO MALE E’ LUNEDI’” E’ IL NUOVO FILM DI FILIPPO VENDEMMIATI PRODOTTO DA TOMATO DOC&FILM.. IL FILM E’ STATO PATROCINATO DA ARTICOLO 21 E DALL’ASSOCIAZIONE ANTIGONE. SARA’ PRESENTATATO IN ANTEPRIMA MONDIALE IN CONCORSO AL FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI ROMA (PROSPETTIVE ITALIA) MERCOLEDI’ 22 OTTOBRE ORE 17 ALLA SALA PETRASSI DELL’AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA.