L’industria dello spionaggio ormai è trasversale e onnipresente. Con l’avvento della sfera digitale i rischi di violazione della privacy e dei giornalisti sono esponenzialmente aumentati a causa della natura diffusa e pervasiva delle tecnologie telematiche. Circa l’80% delle nostre attività ha una proiezione digitale, abbiamo una sorta di clone: una digital persona che va in giro per la rete e racconta chi siamo, cosa facciamo come pensiamo. I cassetti di questa identità sono le poste elettroniche e l’industria dello spionaggio telematico crea in continuazione nuovi rovistatori in grado di frugare dentro la nostra privacy e svelare segreti di natura privata e professionale.
Naturalmente è facile immaginare l’impatto di tale violazione sul lavoro giornalistico. Controllando le mail e le comunicazioni elettronici dei colleghi è possibile depistare, manipolare, intossicare inchieste delicate e reportage sensibili distruggendo non solo l’integrità del lavoro dei singoli giornalisti, ma soprattutto alterando quel delicato e importante ruolo democratico che la stampa ricopre. Il giornalismo “watchdog” è l’antenna democratica di un sistema sociale, appare chiaro quindi quanto grave sia per una democrazia la compromissione di questa fondamentale funzione istituzionale e sociale e quanto sia necessario tutelarla soprattutto oggi che gli strumenti a disposizione di soggetti pubblici e soprattutto privati.
Spy files l’industria dello spionaggio
L’intercettazione di intere popolazioni non è solo una realtà, si tratta di una nuova industria segreta che copre 25 paesi .
Suona come qualcosa di Hollywood, ma ad oggi, sistemi di intercettazione di massa, costruiti daappaltatori di intelligence occidentali, anche per ‘gli avversari politici‘ sono una realtà. WikiLeaksha rilasciato nel 2009 il database di centinaia di documenti da ben 160 imprese di intelligence nel settore della sorveglianza di massa. Lavorando insieme a Bugged Planet e Privacy International, così come le organizzazioni dei media formano sei paesi – ARD in Germania, il Bureau ofInvestigative Journalism nel Regno Unito, The Hindu in India, L’Espresso in Italia, OWNI in Francia e il Washington Post nel US Wikileaks ha fatto luce su questo settore segreto che è cresciuto dopo l’11 settembre 2001 ed è del valore di miliardi di dollari all’anno. Wikileaks ha rilasciato 287 documenti fino oggi, ma il progetto Spy Files è in corso e ulteriori informazioni saranno rilasciati nel tempo.
Società di sorveglianza internazionale sono basate nei paesi tecnologicamente più sofisticati, e vendono la loro tecnologia a tutti i paesi del mondo. Questo settore è, in pratica, non regolamentato. Le agenzie di intelligence, le forze militari e le autorità di polizia sono in grado di intercettaresegretamente chiamate e prendere in consegna i computer senza l’aiuto o la conoscenza dei fornitori di telecomunicazioni. L’Ubicazione fisica degli utenti può essere monitorata se stanno portando un telefono cellulare, anche se è solo in stand by. Ma gli Spy files di WikiLeaks sono più molto di più che l’analisi di come i ‘buoni paesi occidentali esportano verso i cattivi in via di sviluppo tecnologie di sorveglianza massiva.
Negli ultimi dieci anni per i sistemi indiscriminata, sorveglianza di massa sono diventati la norma. Aziende di intelligence come la VASTech segretamente vendono apparecchiature per registrare in modo permanente le telefonate di intere nazioni. Altri come registrare la posizione di ogni telefono cellulare in una città, fino a 50 metri. Altri ancora predispongono software per di intercettare ogni utente di Facebook, o il proprietario smart-phone.
Lo spionaggio dei giornalisti e il Far west dello spionaggio: il caso italiano
Non è detto che i software rimangano a disposizione delle istituzioni statali. Noi siamo il Far West dello spionaggio privatissimo: lo dimostrano vicende come il sistema Trojan a disposizione di personaggi capaci di infilarsi nei computer di personaggi da tenere sotto controllo. L’Italia è l’unico Paese occidentale dove nel principale operatore telefonico aveva una squadra che si spingeva, a penetrare, suo, nella mail di giornalisti ostili, come ha fatto (verso la fine del 2004) il Tiger Team di Telecom nei confronti del vicedirettore del “Corriere della Sera” Massimo Mucchetti. E siamo un Paese dove si è scoperto un mercato nero di tabulati telefonici venduti da personale delle forze dell’ordine a prezzi persino modici. Per non parlare di altri casi discussi.
E’ preoccupante la progressiva riduzione delle garanzie previste per lo spionaggio commesso dai servizi segreti. E’ noto lo scandalo dello spionaggio di D’Avanzo firma di Repubblica, spiano nel 2006 in merito alla vicenda del Sequestro dell’Imam Abu Omar avvenuta da parte di una fazione dei nostri servizi.
Il Garante della Privacy ha detto che sono “sempre più pressanti le istanze delle autorità di polizia ad accedere ai dati raccolti per ben altre finalità. La sorveglianza generalizzata e indiscriminata dei cittadini, ragionevolmente anche europei, al di fuori di qualunque indizio di reato, attraverso i dati di traffico telefonico o di rete, è una cosa molto, molto grave. Ancorché legata all’obiettivo di contrasto al terrorismo”. “Ma se è vero che il rapporto tra sicurezza e privacy rappresenta una cifra non eludibile della nostra modernità, la pretesa di proteggere la democrazia attraverso la compressione delle libertà dei cittadini rischia di mettere in discussione l’essenza stessa del bene che si vuole difendere. Conserviamo invece con ostinazione l’idea che il rispetto dei diritti fondamentali debba ancora essere una delle principali discriminanti tra i regimi democratici e quelli illiberali”.