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DIFFAMAZIONE (via internet): il Senato si spacca in 2 e resta la competenza esclusiva del giudice del luogo di residenza della persona offesa

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Il Senato si è spaccato in due bocciando ieri sera con 114 voti pari e 12 astenuti (che alla fine si rivelati decisivi) la proposta dei senatori Falanga, Bonfrisco e Zin, che in caso di articolo diffamatorio in rete prevedeva la competenza alternativa del giudice del luogo di registrazione della testata on line (come, invece, avviene oggi per i giornali cartacei, le agenzie di stampa, radio e tv) o quella del giudice del luogo di residenza della persona offesa. Successivamente la relatrice Filippin, vista l’imprevista divisione dell’Aula, ha ritirato l’emendamento ritenendo che la riforma della diffamazione fosse molto importante e dovesse essere quindi condivisa al massimo da tutti i senatori.
Si riporta qui appresso in calce lo stenografico dell’interessante dibattito a Palazzo madama sull’importante e delicata questione che appare ledere il diritto di difesa del giornalista accusato di diffamazione, magari freelance o collaboratore pagato a pezzo o in pensione, il quale in molti casi sarà costretto a fare il giro dei tribunale d’Italia per potersi difendere dall’accusa di diffamazione on line.

* Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati  

 

Emendamenti
1.600/1

FALANGABONFRISCOZIN

Respinto
All’emendamento 1.600, aggiungere in fine le seguenti parole:
«o, alternativamente, il giudice del luogo di residenza della persona offesa.».

1.600
La Relatrice
Ritirato

Sostituire il comma 6 con il seguente:

«6. All’articolo 21 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, è aggiunto, in fine, il seguente comma:
“Per il delitto di diffamazione commesso mediante comunicazione telematica è competente il giudice del luogo di registrazione della testata”».

Passiamo alla votazione dell’emendamento 1.600/1.

ZANDA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZANDA (PD). Signor Presidente, intervengo solo per ribadire quanto già il senatore Lumia ha detto poco fa. L’emendamento 1.600 della relatrice serve per fare ordine al sistema. Unifica le competenze delle testate on line alla situazione già vigente per tutte le testate sia di carta stampata, periodici e quotidiani. Riguarda le testate televisive e radiofoniche. Sarebbe molto disordinato dal punto di vista ordinamentale del sistema che ci fosse un’eccezione non giustificata per le testate di comunicazione telematica. Penso che sia utile votare a favore di quell’emendamento.
BONFRISCO (FI-PdL XVII). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BONFRISCO (FI-PdL XVII). Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione le parole del presidente Zanda. Non so a quale tipo di ordine egli si riferisca. Penso che l’ordine principale al quale tutti noi dobbiamo rispondere sia l’interesse del cittadino. E l’interesse del cittadino è rappresentato certamente in modo più efficace da un impianto che gli garantisca l’accesso alla sua possibile difesa – è evidente – nel foro di competenza legato alla sua residenza, ovvero laddove per quel cittadino è più semplice andare a difendersi. Diverso sarebbe accettare l’idea per testate giornalistiche o radiotelevisive aventi sede all’estero: se il foro competente è quello dell’estero, è chiaro che per quel cittadino sarà quasi impossibile – ritengo – potersi avvalere del ricorso alla giustizia; dovrebbe potere ottenerla nelle sedi competenti, che sono quelle del foro della propria residenza e della magistratura italiana. Questo è quanto vorrei ribadire e che chiediamo di poter chiarire con il Governo grazie alla presentazione del nostro emendamento.
Penso sia importante che su questo tema si possa approfondire in modo migliore: ovviamente non pongo limiti di alcun genere alle eventuali composizioni e al fatto di ritornare a quel testo che la Camera aveva votato, il quale garantiva molto di più il diritto del cittadino e non quello delle testate considerato, tra l’altro, – questo è il tema di questo dibattito – il fatto che si apre lo scenario di Internet, nell’ambito del quale è ancora più difficile per il cittadino ottenere giustizia.

ZIN (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ZIN (Aut (SVP, UV, PATT, UPT)-PSI-MAIE). Signor Presidente, vorrei sottoscrivere l’emendamento dei senatori Falanga e Bonfrisco 1.600/1.
PRESIDENTE. Senatore Zin, la sua sottoscrizione è accettata.
Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo dell’emendamento 1.600/1, presentato dal senatore Falanga e da altri senatori.
(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Commenti dal Gruppo FI-Pdl XVII. Il senatore Palma fa cenno di voler intervenire).

PRESIDENTE. Senatore Palma, il sistema elettronico ha riportato come risultato che il Senato non approva. Ci sono dodici astenuti.

PALMA (FI-PdL XVII). È giusto, Presidente. Intendevo intervenire per dichiarazione di voto sull’emendamento 1.600.
PRESIDENTE. Non avevo capito. Passiamo dunque alla votazione dell’emendamento 1.600. Prego, senatore Palma.
PALMA (FI-PdL XVII). Presidente, tutto è opinabile fuorché la matematica dei numeri. I numeri, però – come dire – segnano il rilievo della questione, se è vero come è vero che si è finiti a parità con 114 voti e che l’emendamento non è stato approvato in ragione degli astenuti.

Vorrei chiedere cortesemente all’Aula di prestare un po’ di attenzione. Il senatore Lumia e il presidente Zanda hanno fatto il seguente ragionamento: abbiamo modificato la norma con riferimento alle comunicazioni telematiche per adeguarla a quanto è previsto per le diffamazioni attraverso i giornali. Noi apprezziamo questo sforzo di sintonia sistematica, ma né il senatore Lumia né il presidente Zanda ci hanno detto che la norma prevista per le diffamazioni a mezzo stampa è più giusta e corretta rispetto alla norma licenziata dalla Camera.

La giustezza e la correttezza di una norma si desumono, dal mio personale punto di vista, dall’agevolazione che viene concessa ai cittadini, soggetti deboli in questo caso, di difendere i propri diritti a fronte di una aggressione che proviene da altri.
Allora, ai signori senatori vorrei fare una domanda semplice: nell’eventualità in cui uno di voi dovesse essere offeso da una comunicazione telematica, dovendo attivare delle ricerche, inevitabilmente private, per comprendere qual è il luogo di registrazione della testata produttiva di quella comunicazione telematica che si immagina lesiva del vostro interesse, sarebbe per voi più gravoso affidarvi alle cure del difensore che vive nel vostro stesso luogo di residenza, ovvero rivolgervi, per chi di voi vive ad esempio ad Agrigento, all’avvocato che per ipotesi stia a Trieste, perché chissà per quale strana ventura quella testata è stata registrata a Trieste?

Vi faccio questi esempi terra terra evidentemente non perché non abbia stima e considerazione delle vostre capacità, ma perché spesso proprio gli esempi terra terra manifestano in maniera lampante la giustezza o la non giustezza di una norma.
Prevedere che il soggetto passivo di una comunicazione telematica diffamatoria debba avere la possibilità di difendersi come per esempio capita, sia pure in modo alternativo, per i sistemi televisivi, presso il proprio luogo di residenza invece di dover armare tutto un impianto difensivo molto lontano da casa, con quello che ne consegue sotto il profilo delle spese, credo che sia una norma più giusta.

E non è un caso – lo hanno riconosciuto il presidente Lumia e la senatrice Filippin – che in Commissione questo punto sia stato trattato e sia stato risolto nel senso in cui l’avevamo risolto, proprio perché avevamo prestato attenzione, pur consapevoli degli interessi che potevano stare dietro ad una diversa immaginazione della competenza, perché ritenevamo di predisporre una norma che potesse essere d’aiuto ai cittadini. Solo di questo stiamo parlando.
La domanda che io vi pongo è molto semplice: nel vostro legiferare, ritenete voi che sia più utile legiferare nell’interesse dei singoli cittadini ovvero di testate, qualsivoglia esse siano, che sicuramente hanno un potere maggiore rispetto ai cittadini? E ritenete voi, una volta che sia appurata la non giustezza di una norma (faccio riferimento a quella sulla diffamazione a mezzo stampa), continuare ad adeguarsi a quell’errore e, anche per le comunicazioni telematiche, varare una norma che sia di aggravio per il Paese?

Capisco le folgorazioni sulla strada di Damasco, ma mi chiedo come mai in Commissione questo punto è passato sostanzialmente all’unanimità e poi, chissà per quale folgorazione, appunto, si immagina una soluzione diversa a tutto vantaggio delle testate e a tutto svantaggio dei singoli cittadini. Questa è la ragione per la quale il Gruppo di Forza Italia voterà contro l’emendamento 1.600.

BARANI (GAL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARANI (GAL). Signor Presidente, anche il nostro Gruppo voterà contro l’emendamento 1.600, non solo per le motivazioni tecniche ben fornite dal Presidente della Commissione Palma, ma anche perché l’intervento del capogruppo Zanda è stato un intervento di giustificazione.

Si è voluto giustificare verso gli italiani, chiedendo scusa a priori: lo fanno per uniformare le testate on line alle altre testate giornalistiche tradizionali. Così facendo, ci si giustifica dicendo: «lo sappiamo che gli italiani dovranno sopportare costi, che non potranno difendersi, e che quindi non c’è più garantismo ma solamente interesse verso le testate giornalistiche». Così non può essere: non si può ascoltare un Capogruppo di un partito che vuole governare questo Paese chiedere preventivamente scusa per quello che sta facendo: pur sapendo che è un errore, continua a farlo.
Invito la relatrice a ripensarci e soprattutto invito il Governo, nella persona del qui presente sottosegretario Ferri, a pensare alle difficoltà che tutti i cittadini avranno, dopo l’approvazione di questa norma, di poter ottenere giustizia, di avere una garanzia rispetto all’offesa che hanno ricevuto, poiché non avranno soddisfazione in tal senso.
Invito veramente a ripensarci perché stiamo facendo un danno. È come se, nel periodo dei vettori, si vuol continuare ad andare in carrozza perché i nostri avi andavano in carrozza. È ora che anche questo Paese si ammoderni sotto questo punto di vista ed è per questo che il nostro Gruppo voterà convintamente contro l’emendamento invitando ancora una volta la relatrice ed il Governo ad una riflessione.

CAPACCHIONE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CAPACCHIONE (PD). Signor Presidente, mi rendo conto che la questione è molto complicata, tant’è che l’esito della votazione effettuata sul punto ricalca in pieno le perplessità che abbiamo avuto anche noi nel corso del dibattito in Commissione. Vorrei fare però qualche annotazione, perché c’è un equivoco di fondo anche nel linguaggio.
Stiamo parlando del reato di diffamazione a mezzo stampa e non del contenzioso in sede civile: la parte che viene coinvolta non è un’azienda, una testata editoriale, ma è un giornalista, un cittadino singolo che risponde a titolo personale di fronte alla legge. Quindi, le preoccupazioni di tutela del cittadino forse danneggiato dovrebbero valere anche nei confronti del cittadino accusato ma non necessariamente colpevole. Quest’ultimo infatti – magari chi la fa la cronaca giudiziaria, che è il caso in cui più di frequente si incorre in una querela – per uno stesso fatto giudiziario che riguarda, poniamo, un’inchiesta di Tangentopoli in Lombardia che coinvolge personaggi calabresi, si vedrebbe querelato da un signore lombardo per un articolo e da un signore calabrese per un altro articolo sullo stesso fatto, quindi quella persona singola, magari freelance, magari collaboratore pagato a pezzo, sarebbe costretta a fare il giro dell’Italia. Credo che i due interessi si equivalgano – quello della parte presunta offesa e della parte presunta colpevole – e che vadano quindi uniformati a quella che è la legislazione vigente.
Infatti, potremmo avere anche un altro paradosso: uno stesso articolo, se pubblicato su una testata cartacea, ha come competenza certa quella del luogo di stampa di quel giornale; pubblicato invece sulla stessa testata on line, registrata con la gerenza, ha un’altra competenza. Questo non è possibile e non è ammissibile: ci troveremmo di fronte ad un caos, non tanto nella difesa, ma soprattutto nell’organizzazione del lavoro, in particolare nell’organizzazione aziendale del lavoro, questo sì, perché anche il diritto di difesa da parte del giornalista che viene accusato di diffamazione, non sempre a ragione, deve essere tutelato.
Credo pertanto che questa norma, che non è perfetta – mi rendo conto – perché il giornale cartaceo è un pezzo di carta mentre il virtuale è altra cosa, ha bisogno comunque di aggiustamenti, ma credo che questo possa essere un inizio di una mediazione su una discussione.

GIOVANARDI (NCD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANARDI (NCD). Signor Presidente, per la verità, abbiamo approfondito e dibattuto in Commissione a lungo questo punto, e la Commissione ha deciso in conformità di quanto aveva già deciso la Camera. Quindi, come ci siamo astenuti sul subemendamento analogamente non vediamo ragione di votare un’iniziativa autonoma presa del relatore in Aula, e pertanto ci asterremo anche su questo emendamento.
FALANGA (FI-PdL XVII). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FALANGA (FI-PdL XVII). Signor Presidente, intervengo solo per rispondere alla senatrice Capacchione che ha detto, a mio avviso, un’inesattezza.

La senatrice ha fatto riferimento al giornalista, e quindi a colui che ha creato la notizia, e tutela questa posizione (ed è ben comprensibile, considerata l’attività professionale della senatrice Capacchione). Ovviamente ciò non è pertinente, rilevante, in questo caso, perché la competenza non va individuata nel luogo di residenza della giornalista o del giornalista: così come la relatrice Filippin ha immaginato la modifica con l’emendamento presentato va infatti individuata nel luogo dove ha sede la testata on line che ha pubblicato la notizia.
È dunque poco pertinente pensare di voler tutelare la posizione del soggetto che viene eventualmente accusato di diffamazione perché la sua residenza in questo caso non c’entra proprio nulla.

FILIPPIN, relatrice. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPIN, relatrice. Signor Presidente, colleghe e colleghi, sottoscrivo interamente l’intervento della senatrice Capacchione, di cui condivido tutto: i ragionamenti, le spiegazioni e quanto altro. È esattamente questo il motivo per cui ho proposto l’emendamento.

Tuttavia, quello al nostro esame è un provvedimento importante, sul quale è necessario ci sia la massima condivisione possibile, ragione per cui ritiro l’emendamento 1.600. (Applausi dai Gruppi PD, FI-PdL XVII e M5S).


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