“Il testo della legge sulla diffamazione licenziato oggi dal Senato non corrisponde alle attese e alle proposte di modifica che erano state avanzate non solo dalle organizzazioni dei cronisti e dei giornalisti italiani, ma anche dalle associazioni e da quanti si battono per trovare la giusta sintesi tra il diritto di cronaca e il diritto dei cittadini a veder tutelata la propria dignità. L’abrogazione del carcere corrisponde ad una richiesta più volte avanzata dalle stesse istituzioni europee,ed è quindi da salutare come un fatto positive”. Lo scrivono in una nota il direttore di Libera Informazione Santo della Volpe e il portavoce di Articolo21 Giuseppe Giulietti.
“Ma aver sostituito il carcere con multe sino a 50mila euro per tutti, compreso i blog ed i siti internet ,può configurare una forma di condizionamento della libertà di stampa, soprattutto per i piccoli giornali,televisioni, radio e siti internet di informazione: Mentre quello che continua a mancare é l’istituzione del Giurì per la lealtà della informazione ed una adeguata normativa per contenere le cosiddette ” Querele temerarie”: non basta aver introdotto il concetto di “lite temeraria”; andava introdotta una forma seria e quantificata di deterrenza contro le querele temerarie. In questo senso andava l’emendamento presentato dal senatore Casson relativo alla definizione della sanzione a carico del querelante temerario che non è passato nel voto del Senato. Si aggiunga a questo che i tetti delle multe saranno insopportabili per le realtà editoriali minori e che le modalità di rettifica sono lesive del diritto di cronaca perché impediscono, di fatto, la replica del giornalista a chiunque voglia pretendere di rettificare le notizie, anche quelle vere e documentate. Inoltre le rettifiche così come configurate da questa legge saranno quasi inapplicabili per i siti on line. Ci auguriamo che la Camera dei deputati voglia ulteriormente cambiare il testo, altrimenti sarebbe preferibile mantenere la vecchia legge del 1948 e limitarsi alla abrogazione del carcere per i giornalisti”.