Cercando di guardare in faccia questo sedicente Abu Bakr al-Baghdadi si ha l’impressione di vedere un groviglio di maschere. Perché il punto al quale siamo arrivati sembra il traguardo di un percorso costellato di errori e di orrori cominciato subito dopo la dissoluzione dell’impero ottomano, all’inizio di quell’epoca coloniale che abbandonò il liberalismo arabo portando a un post-colonialismo fatto di petromonarchie, e repubbliche bonapartiste. Se le prime si coniugarono al conservatorismo islamico, le repubbliche dei generali golpisti chiusero ogni spazio di discussione, lasciando aperte solo le moschee, sopra le quali c’era l’islam di Stato. È così che proprio intorno alle insopprimibili moschee si è organizzato l’unico dissenso possibile. [. ] L’invasione statunitense dell’Iraq ha favorito una revisione miliziana e tripartita, tra sciiti, sunniti e curdi: nel contesto che abbiamo appena descritto era fuoco per un pagliaio, e sul campo è rimasto solo il settarismo. Siccome l’Iraq e i suoi Stati confinanti sono costruiti su realtà tribali interconnesse, l’incendio non poteva fermarsi davanti ai confini nazionali, intrecciato com’era ad azioni o reazioni «egemoniche» dei capifila dei blocchi contrapposti. La guerra esistenziale tra di loro è divenuta «guerra settaria contro la comunità avversa», nella Mesopotamia e nel Levante, che comprende Siria e Libano, arrivando dunque sino al Mediterraneo. Lo scontro è divenuto «per la vita o per l’impero» e sono emersi il progetto «totale» dei pasdaran khomeinisti e poi del sedicente Califfato… Continua su ilmondodiannibale.it
genti».