Ha avuto luogo diversi mesi fa l’intervista televisiva del Presidente Rohani nella quale invitava gli iraniani espatriati a tornare in patria. “Durante i miei viaggi all’estero ho incontrato gli iraniani che amano il loro paese, come se non più di quelli che ci vivono, quindi veramente abbiamo un grande patrimonio all’estero sperando che tutti tornino e ci aiutino sia con investimenti economici che con il loro potere scientifico e culturale.”.
Prima di questo invito ufficiale Hasan Rohani aveva chiesto agli iraniani di rientrare insistendo sul fatto che l’Iran è il loro paese e possono essere sicuri che rientrando in patria non avrebbero problemi. Questa propaganda del presidente ha convinto alcuni iraniani a rientrare, soprattutto tra gli scienziati e i giornalisti le sue parole hanno trovato ascolto. Abdolhossein Harati è un attivista politico che dopo tanti anni trascorsi in Australia ha accolto l’appello di Rohani ed è tornato in Iran.
Appena rientra viene incaricato come il direttore del centro di documentazioni dell’ università Azad , perche nel passato lui era un consigliere del Rafsanjani , ma dura poco, pubblica la sua lettra a Karrubi apprezzandone la protesta come Musawi per il suo lavoro nel creare il grande movimento verde e scrive qualche parola critica dell’ayatollah Khomeini. Sono passati pochi mesi dal suo rientro in Iran e finisce nel famigerato centro di detenzione Evin. Harati soffre di un tumore al polmone ma nessuno sa quanto tempo dovrà restare nel penitenziario di Evin.
Nel giugno scorso Hossein Noraninejad è stato il secondo attivista politico, lasciando suo posto in un corso post laurea presso l’università di Sidney e torna dall’ Australia in Iran. Per lui basta scendere all’aeroporto per essere incarcerato, sempre nel carcere di massima sicurezza di Evin.
Serajedin Mirdamadi è un attivista e giornalista che da anni viveva in Francia, torna a Tehran ma dopo pochi giorni viene interrogato e va a fare compagnia di Noraninejad.
Ora suo padre che pure è un attivista politico dopo 5 mesi di attesa scrive una lettera aperta a presidente Rohani chiedendo un aiuto per salvare la vita del figlio.
Rohani sapeva che in Iran il presidente davanti alla forza giudiziaria, ai Pasdaran e agli agenti in borghese ed Ettela’at non ha poteri: allora di quale garanzia a favore di chi rientrasse parlava? E’ consapevole di essere il responsabile vero dei loro problemi?
Lui ha sentito le parole e praticamente le minacce del giudice Salavati contro il Mirdamadi durante l’interrogatorio :” Il suo esempio servirà a far sì che nessun iraniano pensi di poter tornare in Iran !” Forse Rohani avrebbe fatto meglio ad acquisire consapevolezza che le cose stanno come dice Salavati.
* Fonte: “il blog di Annibale”