Sentenza di secondo grado per la morte di Stefano Cucchi: tutti assolti per “insufficienza di prove”, oltre gli infermieri e gli agenti di polizia penitenziaria anche i sei medici condannati in primo grado, cinque per omicidio colposo e uno per falso, con pene da 8 mesi a 2 anni di carcere. Le sentenze si accettano anche quando non ci piacciono, ma è nostro diritto commentarle. Stefano non vive e lotta insieme a noi. Le prove del suo omicidio – i giudici della Corte di Appello hanno deciso di non vedere -sono contenute in quelle drammatiche foto del suo cadavere martoriato, pieno di lividi. Immagini che non spariranno mai dagli occhi di chi continua a credere nella Giustizia, anche se una sentenza come questa mette a dura prova, ma soprattutto non spariranno dagli occhi della famiglia. Come non condividere le parole della madre: “Hanno ucciso Stefano ancora una volta”.
Il 16 ottobre 2009, la mattina dopo il suo arresto per possesso di 28 grammi di droga, fatica a camminare e ha il volto tumefatto, le sue condizioni durante il giorno peggiorano al punto che dal carcere viene portato al Fatebenefratelli, il medico che lo visita scrive sul referto: lesioni ed ecchimosi al volto e alle gambe, frattura della mascella, emorragia alla vescica, lesioni al torace e due fratture alla colonna vertebrale. In un primo tempo Stefano decide di non essere ricoverato e viene riportato in carcere, nei giorni successivi le condizioni si aggravano ed è necessario il ricovero all’ospedale Sandro Pertini. Una settimana dopo l’arresto Stefano Cucchi muore. Solo allora la famiglia riesce ad ottenere l’autorizzazione per vederlo. Il resto è storia. Tutto ciò è accaduto ad un essere umano sotto tutela della pubblica amministrazione: la gravità si raddoppia.
Stefano Cucchi, come tanti, purtroppo, è morto di ingiustizia, una giustizia che non è uguale per tutti. Come ha detto Ilaria, la sorella: “Chi come mio fratello ha commesso un errore deve pagare, ma non con la vita”. E’ inevitabile chiederci che cosa sta accadendo nella nostra società. Dopo i fatti del G8 di Genova e le varie sentenze, i responsabili del massacro della scuola Diaz, che invece di essere radiati con ignominia, hanno fatto carriera, tutto è cambiato, le forze dell’ordine durante le manifestazioni degli studenti sono tornate a usare il manganello come all’epoca dei Scelba e Tambroni, è accaduto nei giorni scorsi con i metalmeccanici di Terni della Thyssenkrupp.
E’ insopportabile pensare che un giovane di trentadue anni sia stato lasciato morire. E’ insopportabile pensare che per alcuni giorni sia stato lasciato solo, agonizzante tra dolori atroci in una cella nell’omertà totale. E’ insopportabile pensare che non ci siano responsabili. Stefano come Federico, Giuseppe, Riccardo, Gabriele, Michele e altri ancora, è un esempio di disumanità.