Attentato a Falcone, i nuovi particolari sulla strage

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Finalmente incominciamo a conoscere i particolari del l’attentato di Capaci in cui il giudice Giovanni Falcone perse la vita il 23 maggio 1992  con centinaia di chili di esplosivo.  Davanti ai giudici della Corte di Assise di Palermo, che si occupa del processo Capaci bis, nell’aula bunker di via Uccelli di Nemo, a Milano, presieduta da Alfredo Montalto, il collaborante Giuliano Spatuzza ha ricordato come parte della carica micidiale fu presa in mare con il peschereccio di Cosimo D’Amato, esperto di pesca di frodo, a Porticello vicino Palermo, dove vennero recuperati due cilindri di metallo che contenevano due bombe. E, poiché non venne ritenuto sufficiente fu fatto venire da Messina o Catania, comunque da fuori Palermo. Le parti restanti dell’esplosivo furono riportate a Palermo perché fossero divise tra i componenti del mandamento di Brancaccio. Sull’udienza del 28 ottobre in cui il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, ha chiesto di deporre naturalmente al Quirinale pende la richiesta, fatta attraverso i loro avvocati, dai capimafia Salvatore Riina e da uno dei suoi luogotenenti, Luca Bagarella di esser presenti o meglio di essere collegati, attraverso una video- conferenza, all’udienza in cui la Corte ascolterà il Capo dello Stato. Il presidente della Corte di Assise, Montalto,  ha preso atto della richiesta dei due mafiosi e sembra lasciar intendere che si atterrà a quello che si ricava dall’ordinanza di ammissione di Napolitano che, applicando ( in via analogica) la prima parte dell’articolo 502  del codice di procedura penale, vieta agli imputati di partecipare ma c’è il rischio che in questo modo, in un momento successivo, il processo possa essere annullato.  Ora già la data dell’udienza è quella che è, visto che chi conosce la storia d’Italia sa che, proprio in quel giorno, avvenne nel secolo scorso e, nell’anno 1922, la marcia su Roma dei fascisti di Mussolini  ma se poi i due boss potranno interloquire con gli avvocati, suggerire domande e persino chiedere ai propri avvocati di fare dichiarazioni spontanee, le conseguenze sarebbero disastrose da ogni punto di vista.  Se a questo si aggiunge che un deputato del movimento Cinque Stelle, il deputato Danilo Toninelli (tra l’altro, principale autore della proposta di legge elettorale del movimento) continua a sostenere che il candidato Lu ciano Violante appena votato per la sedicesima volta inutilmente dalle Camere, non avrebbe i requisiti necessari per essere eletto giudice in quanto  “non ha esercitato per vent’anni la professione di avvocato, non è un magistrato delle giurisdizioni superiori e non è tra i professori ordinari di università in materie giuridiche.” Precisa la sua posizione  con riferimenti puntuali alla storia accademica dell’ex presidente della Camera e l’Università di Camerino in cui Violante ha insegnato negli ultimi anni ha precisato che lo ha fatto fino al 2009 quando è andato in pensione. Insomma, da una parte, l’offensiva dei due boss siciliani si rivela  un fastidio e una incognita per l’udienza in cui sarà presente il presidente Napolitano al Quirinale; dal l’altra, il candidato Violante su cui la dirigenza del maggior partito della coalizione si è speso apertamente rischia di non poter essere eletto o essere, subito dopo, dichiarato ineleggibile.  C’è da scommettere che altre sorprese ci attendano nella tormentata crisi politica della repubblica.


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